Tre colossi francesi del settore delle armi sono stati denunciati per presunte complicità in crimini di guerra e contro l’umanità nello Yemen.
Fonte: valori.it
A inizio giugno le Ong Sherpa, Mwatana for Human rights, Centro europeo per i diritti costituzionali e umani (ECCHR) – col supporto di Amnesty International France – hanno denunciato tre società francesi dell’industria bellica: Dassault Aviation, Thales e MBDA France. L’accusa è gravissima: complicità in presunti crimini di guerra e contro l’umanità nello Yemen. Il motivo? Aver esportato armi in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti. Nazioni che conducono da anni una guerra cruenta e logorante nella nazione mediorientale.
Le Nazioni Unite hanno tracciato un quadro inquietante della situazione nello Yemen. Con l’80% della popolazione – circa 24 milioni di persone – che ha bisogno di aiuto e protezione umanitaria. E proprio quei due Stati arabi hanno un ruolo fondamentale nel conflitto. Dal 2015 fino alla recente tregua hanno bombardato ripetutamente il Paese mediorientale. Senza risparmiare obiettivi non militari e mietendo oltre 20mila vittime civili, come più volte documentato proprio dall’ONG yemenita Mwatana for Human Rights. E senza il contributo delle armi importate, ciò non sarebbe stato possibile.
Già nel 2019, un gruppo di organizzazioni si era rivolto alla Corte Penale Internazionale dell’Aja documentando una serie di azioni che potevano essere classificate come crimini di guerra. Le Ong – tra cui proprio Mwatana e l’ECCHR, ma anche Amnesty International e Rete Italiana Pace e Disarmo – chiedevano di accertare eventuali responsabilità dei vertici delle aziende produttrici di armi. Ed anche quelle dei governi europei coinvolti.
Non è la prima volta che lo Stato francese viene accusato di inviare armi alle nazioni impegnate nel conflitto in Yemen. D’altra parte, è il terzo esportatore di armi al mondo dopo Stati Uniti e Russia. E con i due Paesi arabi ha fatto affari d’oro.
Stando al Rapporto al Parlamento sull’esportazioni di armamenti del 2021 del governo transalpino, Arabia Saudita ed Emirati sono rispettivamente il terzo ed il quinto cliente per volumi di acquisti. Proprio a questi, dall’inizio dei bombardamenti nel 2015, la Francia ha venduto materiale bellico per più di 8 miliardi di euro. Armi che sono poi state impiegate anche nel conflitto yemenita. In particolare, è stato accertato l’utilizzo di caccia della Dassault Aviation e di sistemi di tracciamento, bombe e missili di Thales e MBDA.
La tesi delle Ong è che, esportando armi verso Paesi che si sono macchiati di crimini di guerra, governi e aziende (europee e non) si renderebbero complici di questi stessi crimini. E per questo dovrebbero essere ritenuti colpevoli. Tra l’altro, queste vendite avverrebbero in violazione del Trattato sul commercio delle armi del 2014 ratificato da più di cento Stati, Francia compresa. Il documento proibisce i trasferimenti di armi e beni che «possono essere utilizzati per la commissione di genocidi, crimini contro l’umanità, gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra del 1949, attacchi diretti a obiettivi o soggetti civili protetti in quanto tali o altri crimini di guerra».
Ovviamente, la Francia non è l’unica ad inviare armi a quei Paesi. E di conseguenza non è nemmeno l’unica chiamata a risponderne. Anche Germania e Italia hanno avuto il loro ruolo. Nel nostro Paese era stata addirittura avviata un’indagine – sempre grazie a Mwatana, Rete Italiana Pace e Disarmo ed ECCHR – poi archiviata.