A volte la vita copia l’arte (televisiva), ma in un modo molto più tragico. Nella buona serie poliziesca o nel thriller politico “The Bridge”, tutto inizia con un cadavere tagliato in due e collocato sul ponte che delimita il confine tra Grecia e Turchia. Testa qui, piedi là. Di chi è il caso? I due paesi intraprendono le indagini sul crimine e scoprono molto, strada facendo.
Circa 40 persone sono state trovate in un luogo misterioso, un isolotto del fiume Evros che segna il confine fra Grecia e Turchia. Una bambina è morta lì per una puntura di scorpione e nessuno sa ancora quale sarà la sua ultima casa, dove sarà sepolta “normalmente”. In Grecia, in Turchia? E se una rifugiata incinta partorisse sull’isola, quale sarebbe il luogo di nascita del bambino? Grecia o Turchia? Un luogo non facilmente definibile, un non luogo.
“La nostra patria è il confine”, dice uno dei personaggi del meraviglioso (e per il resto così dimenticato) romanzo Exilés di Erich Maria Remarque. Questi sono gli antifascisti voluti dal regime nazista, alla vigilia della guerra, che entrano ed escono da un Paese all’altro, perché nessuno li accetta. Ma la tragedia dei circa 40 profughi dell’isola va oltre ogni immaginazione immaginata. E i “gestori” di questa vera tragedia si sono rivelati delle piccole persone miserabili.
E un “dettaglio”. Sono passati molti giorni da quando la bambina di 5 anni è morta sull’isola e il suo nome non è stato ancora rilasciato, a differenza del siriano Alan Kurdi (non Aylan) di 3 anni la cui foto e annegamento hanno fatto il giro del mondo. Nessun nome, nessun paese, nessuna tomba (ancora) per l’altro bambino.
Fonte: efsyn.gr, 18 Agosto 2022