Italia: una controrivoluzione strisciante. A prescindere dall’esito delle elezioni, è in atto un cambiamento epocale. Italia, anno zero…

 

Dopo la Svezia, l’Italia? I sondaggi sulle intenzioni di voto alle elezioni politiche annunciano per domenica la vittoria di una coalizione che unisce destra ed estrema destra. Con l’avvicinarsi del centenario della Marcia di Mussolini su Roma, il postfascismo sembra essere sull’orlo del potere. Una controrivoluzione senza un concomitante processo rivoluzionario, fenomeno descritto a suo tempo da Antonio Gramsci come una “rivoluzione passiva”.

Il malessere e il disorientamento che possono cogliere l’osservatore di fronte alle varie crisi (economiche, politiche, culturali, sociali e morali) che la società italiana attraversa da trent’anni sono decuplicati dalla sensazione che l’orizzonte si stia allontanando, mentre sembra che non ci sia più una riva a cui aggrapparsi. L’immagine di una nave alla deriva, o di una barca senza pagaia, è una delle più significative in un momento in cui sembra non esserci alcuna visione per il futuro. Siamo alla vigilia delle elezioni italiane, la fuoriuscita di petrolio continua a salire e l’ansia è palpabile.

Secondo The Economist, le elezioni del 25 settembre difficilmente potrebbero arrivare in un momento meno opportuno, tra almeno tre crisi interconnesse: l’invasione dell’Ucraina, la crisi energetica e l’inflazione, che a fine agosto ha raggiunto l’8,4% nella penisola, il suo massimo livello dal 1986. Inoltre, il debito dell’Italia rappresenta attualmente il 150% del suo PIL [1] . Infine, come ha sottolineato il Financial Times, governi e investitori si chiedono quale impatto avrà la partenza di Mario Draghi sugli 800 miliardi del Covid recovery fund dell’UE, di cui l’Italia è il principale beneficiario [2]. I timori dei mercati economici puntano anche sull’aumento dello spread, ovvero la differenza tra il rendimento dei titoli di Stato italiani e quello dei 10 anni tedeschi, che a giugno ha toccato il livello più alto da due anni, un vero e proprio “termometro politico”.

Il Presidente uscente del Consiglio ha annunciato il 5 agosto di voler recarsi a New York per “rassicurare gli investitori”, un passo che potrebbe aprire la strada a un nuovo governo “tecnico” nell’improbabile eventualità che non ci sia una maggioranza sufficiente per formare un esecutivo dopo le elezioni; opzione favorita non solo all’estero ma anche in Italia da una parte significativa della borghesia, la quale sottolinea a chiunque ascolti che il programma di politica economica stabilito da Mario Draghi resta, in ogni caso, il metro con cui si misurerà il prossimo governo : “…qualsiasi perturbazione o deviazione significativa dal programma di riforme e investimenti, contenuta in un allegato di 664 pagine all’accordo di Roma con la Commissione, metterebbe a rischio il pieno accesso dell’Italia ai fondi», Financial Times. [3] Un’agenda che aveva già fissato nel 2011 quando era a capo della BCE. Un programma basato su massicci tagli al sistema di previdenza sociale e protezione dei disoccupati, dipendenti e pensionati in un Paese che negli ultimi anni ha visto crescere in maniera massiccia la povertà, raggiungendo il suo picco storico con circa 5,6 milioni di persone in povertà assoluta nel 2021 [4] .

La preoccupazione è tanto più palpabile in quanto la coalizione di destra ed estrema destra ha buone possibilità di ottenere questa volta la maggioranza: i sondaggi danno più del 45%; con la legge elettorale questa coalizione potrebbe ottenere il 70% dei seggi in parlamento. L’annunciata vittoria di Giorgia Meloni, leader del partito Fratelli d’Italia (FdI), e il suo possibile arrivo alla guida del governo costituiscono una seria minaccia per un partito nelle cui arterie circola ancora il fascismo e il cui logo porta con orgoglio il simbolo della la fiamma tricolore al centro che rappresenta lo spirito ancora vivo del fascismo .

FdI affonda le sue radici nel neofascismo del dopoguerra, erede diretto, sia in termini di personale militante che di tradizioni e culture politiche, dell’esperienza fascista, come quella dell’entusiasta fascista Giorgio Almirante, editore negli anni ’30 dell’anti -Rivista semitica La Difesa della razza, entrata nelle file della Repubblica di Salò nel 1943, fondò nel dopoguerra il Movimento Sociale Italiano (MSI), la cui eredità Meloni vanta con orgoglio. L’audience di FdI è in costante aumento, passando dall’1,96% dei voti nel 2013 al 4,35% nel 2018 [6]; oggi, circa il 25% degli elettori si dice pronto a votare per lui. Con l’avvicinarsi del centenario della Marcia su Roma di Mussolini, il postfascismo sembra essere sull’orlo del potere in Italia. Una controrivoluzione senza un concomitante processo rivoluzionario, fenomeno descritto a suo tempo da Antonio Gramsci come una “rivoluzione passiva”.

Tuttavia, al di là dell’istantanea offerta ogni giorno da una vasta gamma di politologi, filosofi, attivisti, sociologi, è importante cercare di capire come si è arrivati ​​a questo disastro, per cogliere i contorni di un “cambiamento d’epoca”, alla possibile fonte del dramma. Dove inizia l’ascesa (ir)resisibile del peggio, incarnata da una destra nazionalista, razzista, reazionaria, patriarcale.

Più di trent’anni di fuoriuscita di petrolio

La paura di un “ritorno del fascismo” si manifesta a intervalli regolari nel Paese che ha visto nascere un secolo fa. La stampa internazionale da diverse settimane punta su Giorgia Meloni e sul suo movimento, dimenticando di sfuggita che non è una nuova arrivata nella coalizione di Silvio Berlusconi, che nel 2008 l’ha nominata Ministro della Gioventù, e rafforzando l’idea che sia il unica novità nel campo relativamente ampio dei partiti che si definiscono “antisistema”; omettendo inoltre di evidenziare i legami duraturi della Lega di Matteo Salvini con i neofascisti, loro “capitano” per le elezioni del 2018 .

In quel momento, la presenza di Matteo Salvini nelle file della coalizione di destra, al fianco del partito di Silvio Berlusconi, Forza Italia, e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, aveva riattivato gli stessi timori; tanto più che l’80% degli italiani interpellati affermava la necessità di un “uomo forte” per uscire dalla crisi e chi pensava che la democrazia fosse la migliore forma di governo possibile ha raggiunto il livello più basso dal 2008 (62%, cioè meno 10 punti tra dieci anni) [8] . Tale quota oggi è leggermente aumentata, attestandosi intorno al 70%, anche se la domanda di un leader forte resta nella maggioranza (intorno al 59% degli italiani interrogati) [9] .

La questione, infatti, sembra fermarsi alla lenta scomparsa del partito di Silvio Berlusconi che era stato il motore della coalizione di destra prima del 2018 [10]. Ma il cambiamento degli equilibri di potere al suo interno è un cambiamento di grado, e non di natura, della coalizione inventata da Silvio Berlusconi più di un quarto di secolo fa, che unisce la destra conservatrice e reazionaria, la “nuova” estrema destra e organizzazioni neo e/o postfasciste. Dopotutto, lo stesso Berlusconi non è stato “paragonato” a Benito Mussolini durante i suoi vari mandati come Presidente del Consiglio italiano (1994, 2001, 2008)? L’arrivo nel suo primo governo, nel 1994, di cinque ministri del Movimento Sociale Italiano fu solo uno dei passi che condussero ad un allargamento dell’orizzonte di legittimità politica di un partito che fu l’erede diretto del fascismo.

Silvio Berlusconi è stato il paladino vittorioso di una fuoriuscita di petrolio in un paese dove il fascismo non è mai scomparso, perché si è inscritto progressivamente nel territorio sociale, politico, culturale, mentale dell’Italia, tanto da “si è inserito nelle viscere brutalmente egoistiche” della sua società. Un fascismo miasmatico, in un certo senso, che esala l’aria stantia (la malaria ) di una cultura sopravvissuta al regime instaurato da Mussolini [11] .

Il Dr. Frankenstein-Berlusconi è riuscito a riunire nel 1994 il MSI di Gianfranco Fini, la più antica organizzazione neofascista d’Europa, e la Lega Nord di Umberto Bossi, movimento con un esacerbato regionalismo identitario la cui influenza ha continuato a crescere dai primi anni ’80; nel 2000, per riunire tutti i partiti di destra nella Casa delle Libertà, poi per un certo periodo, nel 2009, per fondere gli eredi del MSI e la destra conservatrice in un unico Popolo della libertà.

Il berlusconismo si presentava come una riuscita forma di “ibridazione” che combinava “le antiche tradizioni con le nuove spinte di modernizzazione del decennio precedente” [12] . Basato sia sulla ricerca del “consenso popolare attivo” sia sulla coercizione (la restrizione e la successiva repressione delle libertà collettive), il berlusconismo ha mobilitato un potente apparato culturale di legittimazione ideologica che è riuscito a imporre la sua egemonia politica.

Si avvaleva di una rete particolarmente efficiente di canali televisivi pubblici (i tre canali RAI) e privati ​​(i tre canali appartenenti a Silvio Berlusconi, Canale 5, Rete 4, Italia Uno), quotidiani (come Il Giornale, Il Foglio, Libero) e riviste. A questi strumenti sempre più importanti si è poi affiancata la crisi di legittimità delle organizzazioni politiche tradizionali intrappolate nel tumulto di Tangentopoli [il diffuso scandalo della corruzione che ha dato origine all’Operazione Mani Pulite – ndr]. Un processo che accelererebbe fenomeni di allontanamento dalle tradizioni sociali e culturali a cui la popolazione era fino ad allora legata, ma anche dai legami sociali a cui poteva appoggiarsi e riferirsi.

Il revisionismo storico accompagnò sempre più sicuramente il raggruppamento di Berlusconi. Tanto che nel 2003 Fabrizio Cicchitto, ex deputato del Partito socialista, affermò che La Casa delle libertà “si è collocata nella corrente del revisionismo storico [13]  ”. L’anticomunismo e con esso l’antifascismo costituivano il suo cemento ideologico ma anche quello che Francesco Biscione definì contemporaneamente il “sommerso della Repubblica“, cioè la persistenza di una cultura reazionaria antidemocratica, vera cultura culturale terreno della coalizione berlusconiana [14] .

A questa offensiva storiografica si aggiungono i repertori dell’azione politica mobilitata dal diritto di cancellare dalla memoria e dalla storia “le malefatte e le infamie del fascismo” [15]. Nel Paese di Silvio Berlusconi, l’uso pubblico e politico della storia non è mai stato così “senza scrupoli”, cercando costantemente di opporsi all’antifascismo e alla democrazia, dove la democrazia diventa sinonimo di liberalismo e dove i confini dell’antidemocrazia si estendono a tutto ciò che non può essere associato alla visione liberale del mondo. Così, come ha evidenziato lo storico Pier Paolo Poggi, «il punto di unione tra revisionismo e culture politiche dominanti […] sta proprio nel giudizio sul capitalismo» e nella depoliticizzazione necessaria «per la riduzione in schiavitù di miliardi di esseri umani» [16 ] .

Il discorso di questo diritto era e resta povero, ma efficace. Valorizza la società civile nel suo insieme, come unico filtro per “proteggere la comunità nazionale”, che pone al di sopra e al di là delle divisioni di classe e, soprattutto, della “zizzania” attribuita alla democrazia rappresentativa [ 17]. Questa cultura politica è coerente con gli obiettivi che si pone: superare l’eredità del Welfare State, imporre politiche antisociali, ma anche rendere infinitamente più difficile qualsiasi prospettiva di emancipazione sociale .

L’apparente “vittoria” di questa nuova destra non può essere compresa senza la breccia aperta dalla crisi della sinistra e l’effettivo sostegno di una parte di essa a Berlusconi [19] . La riorganizzazione del campo politico di sinistra ha portato essenzialmente alla presentazione di una “alternativa” di governo, socialdemocratica prima (del Partito Democratico di sinistra, dal 1991, dei Democratici di sinistra, dal 1998), poi democratica (dal Partito Democratico – PD, dal 2007, nato dalla fusione di ex esponenti della Sinistra Democratici e Cattolici di Romano Prodi). Il PD di Matteo Renzi, dal 2014, chiude il ciclo; il demolitore incarna allora e in Italia il “realismo capitalista” di cui parlava Mark Fisher, questo realismo che presenta il capitalismo neoliberista come l’unica opzione possibile[20] .

Affermando di sbarazzarsi delle “scorie” del totalitarismo del XX secolo, gli intellettuali post-comunisti hanno abbandonato alla condanna generale ciò che ora consideravano, nella migliore delle ipotesi come “il passato di un’illusione” (François Furet), nella peggiore come un’eredità troppo ingombrante. Questo processo è stato accompagnato dalla lista nera degli storici marxisti. La sinistra parlamentare si è così mostrata aperta a una rilettura del passato, in particolare del periodo della resistenza e dell’antifascismo, invocando la creazione di una “memoria condivisa”, che ha fondato la legittimità dell’alternanza di governi di due poli politici che hanno gareggiato per il potere tra il 1994 e il 2018.

Ma anche la cosiddetta sinistra radicale ha seguito, almeno in parte, queste interpretazioni. Fausto Bertinotti, leader di Rifondazione comunista, unico partito della sinistra radicale ad avere un’udienza nazionale all’inizio degli anni 2000, ha ceduto a suo modo a questa ideologia “post-antifascista”, valorizzando, in una lettera al direttore del Corriere della Sera , la “non violenza” come “condizione essenziale per far vivere tutta la radicalità di questo processo di trasformazione sociale che chiamiamo comunismo [21]  ”.

La Resistenza, come la rivoluzione, fu così rimandata ad una “esperienza utile per non ripetere gli errori del passato [22] ”. La grande revisione culturale della destra plurale è profondamente inscritta nel sottosuolo italiano, tanto più sicuramente in quanto è stata accompagnata, almeno in parte, dalla rinuncia da parte della sinistra alla sua storia. Il berlusconismo ha integrato tutte le sfere della società, arrivando a fare a meno di Berlusconi stesso e del suo partito. “Non ho paura di Berlusconi di per sé, ma di Berlusconi in me”, riassumeva a suo modo il cantante, compositore, attore e drammaturgo Giorgio Gaber poco prima di morire.

Il suicidio della Repubblica, pratica quotidiana?

Questo senso di crisi nella politica italiana non è nuovo. Si è ripetuto a intervalli regolari dall’inizio degli anni Novanta e dal crollo del sistema politico italiano, preso nel tumulto della macchina giudiziaria “Mani pulite” [ Mani pulite ], in un contesto di crisi economica e sociale. Questo tsunami ha dato vita a diverse forze nuove, o presentate come tali, che tutte hanno collaborato, ciascuna a modo suo, all’aggravamento delle disuguaglianze e alla distruzione dei diritti sociali fondamentali.

La loro legittimità è stata erosa nell’alternarsi di gestioni politiche, segnate da un’incapacità di rispondere ai bisogni più pressanti e da una corruzione quasi presunta che, come scriveva a suo tempo Antonio Gramsci, è «caratteristica di certe situazioni in cui l’esercizio dell’egemonia la funzione [il necessario equilibrio da trovare tra consenso e forza] è difficile, l’uso della forza presenta troppi pericoli [23]  ”; è questo il caso in particolare di Forza Italia e del PD, le due forze che l’ex comunista ed ex presidente del Consiglio Democratico Massimo D’Alema ha designato, il 10 aprile 2018, come i “pilastri del bipolarismo italiano, espressione della due grandi famiglie politiche europee [24] ”.

A questa irresistibile erosione del nuovo ordine dei primi anni Novanta, il tempo di una generazione, si è accoppiato un più generale fallimento della politica, che in Italia ha assunto forme radicali altrove sconosciute [25]. Basti pensare che dall’inizio del XXI secolo l’esecutivo è stato cinque volte opera del Principe, in questo caso dei due successivi Presidenti della Repubblica (Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella): è il caso del governo “tecnico” di Mario Monti nel novembre 2011, in sostituzione del dimissionario Silvio Berlusconi; quella di Enrico Letta, nell’aprile 2013, dopo le elezioni di febbraio in cui dalle urne non è emersa una netta maggioranza; di Matteo Renzi, nel febbraio 2014, dopo che quest’ultimo, divenuto segretario del Pd, aveva cacciato Enrico Letta; di Paolo Gentiloni, in sostituzione di Matteo Renzi, la sera del 4 dicembre 2016, dopo il clamoroso fallimento del referendum per la revisione della Costituzione italiana per il quale aveva lavorato alacremente; e infine Mario Draghi a febbraio 2021. Sono stati soprattutto i governi “tecnici” di Mario Monti e Mario Draghi a sostituire la funzione deliberativa del parlamento con quella di scegliere il proprio esecutivo, presentato come “sopra” i partiti. Parlamenti in stato di guerra che, a fronte di un’emergenza “finanziaria” e/o “sanitaria”, hanno accettato di abbandonare gran parte delle proprie prerogative e imporre veri e propri shock strutturali alla popolazione.

Come rileva il giornalista Carlo Formenti, la crisi economica e sociale iniziata nel 2008 è diventata uno “strumento del capitale volto a dislocare le classi subalterne e distruggere la loro capacità di resistenza [26] ”. Nel 2012 il pareggio di bilancio è stato sancito dalla Costituzione italiana (art. 81) con il sostegno del PD; La Spagna aveva fatto lo stesso qualche mese prima. Stefano Rodotà, professore emerito di diritto, ironizzò poi sul fatto che tale decisione sanzionasse «l’incostituzionalità di Keynes [27] ».

Le classi lavoratrici subiranno il peso dei programmi di austerità, dei tagli alle pensioni, al welfare, alla salute, alla cultura, alla formazione, ecc. Per non parlare della qualità della vita legata al cambiamento climatico e della dimostrata incapacità di affrontarlo con vere politiche pubbliche (incendi, inondazioni, terremoti, ecc.) quando più di 40 milioni di persone vivono oggi in aree pericolose.

Il “ritiro delle classi popolari dallo scambio politico” divenne un obiettivo per imporre un “blocco borghese riaggregato” [28] . E la crescente astensione ne è l’indicazione più convincente. Il numero degli elettori è diminuito di 3,7 milioni in dieci anni. L’astensione è passata dal 19,5% nel 2008, al 24,8% nel 2013 e al 27,1% nel 2018, più al Sud che al Nord (a Napoli il 60,51% non vota) [29] . Si stima che alle prossime elezioni circa un terzo dei potenziali elettori non andrà alle urne [30] .

Il susseguirsi delle crisi economiche ha implacabilmente peggiorato le condizioni di vita e di lavoro dei dipendenti, trasformando a poco a poco, ma non meno sicuramente, l’orizzonte politico e la legittimità sociale della lotta. Il contraccolpo alla semplice idea che ci si possa organizzare per combattere l’ingiustizia appare tanto più essenziale in quanto è stato accompagnato da una “dinamica di costante adattamento al peggio”, legata tanto a una sorta di “banalizzazione dell’ingiustizia” che a una forma di deterioramento del rapporto degli italiani con lo Stato.

In balia dell’alienazione e dello sfruttamento, i lavoratori sono passati da una classe capace di considerarsi motore del cambiamento sociale a una “classe fantasma”, stigmatizzata dalla sfera politica italiana [31] . Per parafrasare Wendy Brown, il neoliberismo ha mascherato e depoliticizzato la riproduzione della disuguaglianza, la “deproletarizzazione” dei lavoratori per “portarli ad abbracciare modi di pensare e di comportarsi imprenditoriali”; la concomitante stigmatizzazione degli “estranei” e dei disoccupati che funge da diversivo dalla rabbia crescente .

Questa ambientazione oscura ha prodotto risentimento e rabbia. Il rapporto di fiducia della popolazione italiana con le proprie istituzioni politiche (Stato, parlamento, partiti) è stato gravemente scosso. La sfiducia nei confronti della politica è stata aggravata da una crisi di fiducia nello Stato e negli strumenti di mediazione. Ricordiamo che, secondo un’indagine pubblicata su La Repubblica nel dicembre 2011, la fiducia nello Stato era del 29,6%, nei partiti intorno al 3,9% e in Parlamento all’8,5% [33] .

Oggi, dopo due anni di pandemia, queste cifre sono aumentate in modo significativo ma rimangono relativamente basse (stato, +7 punti; partiti +9 punti; parlamento +14 punti). [34] L’intolleranza verso la “classe politica” è certamente legata all’impotenza di quest’ultima ad affrontare la crisi. Ma deve anche, e forse soprattutto, essere legato al sentimento crescente di “un ‘impotenza’, una perdita di controllo” della popolazione rispetto a decisioni su cui essa sembra non essere più in grado di agire, mentre il parlamento — e i partiti rappresentati in esso — sembra essersi accontentato di alzare bandiera bianca e ammettere la propria totale incompetenza [35] .

Que se vayan todos!

Beppe Grillo e il suo Movimento 5 Stelle (M5) cavalcheranno per un tempo su questo cavallo di Troia e riempiranno il vuoto di rappresentanza in Italia prosciugando definitivamente le potenzialità di una sinistra da ricostruire. Il movimento, che ha preso forma nel 2009, è stato costruito per la prima volta sulla straordinaria popolarità del comico genovese. Questo figlio di un piccolo imprenditore fu scoperto alla fine degli anni ’70 dal conduttore di punta Pippo Baudo, una sorta di Michel Drucker italiano, che gli aprì le porte del programma di punta della RAI Fantastico.

Ma fu proprio la collaborazione con Antonio Ricci a rendere popolare Grillo con il programma Te la do io l’America, andato in onda sulla RAI nel 1983. Lo stesso Ricci avrebbe presto frequentato la corte di Silvio Berlusconi e creerà, nel 1988, il programma berlusconiano per eccellenza, Striscia la notizia (ancora in onda), un telegiornale comico con donne nude e un deus ex machina incarnato da un grosso peluche rosso di nome Gabibbo, alfiere di quello che definisce “sentimenti popolari” e che paragona a dicembre 2018 a Matteo Salvini [36] .

Antonio Ricci inventa il linguaggio televisivo del berlusconismo. Il suo obiettivo: conquistare il pubblico, che da più di trent’anni realizza a vuoto significanti: «Me ne frega, diceva, della satira, se piace a persone come me, intelligenti e colte. Quello che mi interessa è catturare l’attenzione della signora Pina alle 20:30 [37] .

Beppe Grillo ha saputo circondarsi di personalità a forte capitale culturale di simpatia, da Michele Serra (giornalista e opinionista de La Repubblica ) a Giorgio Gaber, passando per Antonio Ricci e Dario Fo; ha recuperato frammenti di identità collettiva che ha riordinato secondo necessità. Il fumetto genovese ha fatto della sua satira una grande leva politica. Nel 2005, Time lo ha definito “seriamente divertente” e lo ha nominato uno dei 37 “eroi europei” che stanno “cambiando il mondo in meglio”. Time prende atto in particolare del suo ruolo nell’esporre Parmalat, il gigante italiano dell’agroalimentare, il più grande fallimento d’Europa prima del terremoto del 2008.

Grillo è poi entrato in centinaia di migliaia di case italiane attraverso Striscia la notizia. Incarna il ruolo di “comico vigilante” tanto più facilmente in quanto aveva costruito e diffuso un racconto fuorviante della propria vita evocando un presunto ostracismo da parte dei media dopo aver, nel novembre 1986, denunciato su Fantastico la corruzione del Partito Socialista e Bettino Craxi alla guida del governo. Nel 1988 torna in RAI e nel 1993 realizza il suo programma in due puntate, il programma Beppe Grillo. Di fronte a un pubblico disorientato da Tangentopoli, stava per pronunciare il suo tormentone “Non so cosa sta succedendo, la realtà è oltre la finzione”; il suo pubblico era lo stesso che, pochi mesi dopo, avrebbe votato per la prima volta Silvio Berlusconi.

Beppe Grillo può essere considerato un perfetto prodotto del berlusconismo. Nei primi anni 2000 è diventato il portavoce della protesta antipolitica che Silvio Berlusconi aveva incarnato un decennio prima. Ciò che cambia è la sua incarnazione di rottura, di una novità che si pensa qui e ora, senza un futuro o un lontano orizzonte di riferimento. E proprio come il suo miglior nemico, il discorso che porta e associa disarticolazione del legame sociale e novità assoluta nel campo politico italiano. Chiede la fine dei politici di professione e di ogni forma di mediazione sociale (come i sindacati), in un momento in cui Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, due giornalisti del Corriere della, cioè il quotidiano per eccellenza dell’imprenditoria italiana, ha restituito a tutta l’Italia l’immagine di una classe politica che non era più al servizio della comunità nazionale e del bene comune, ma dei propri interessi. Il loro libro, intitolato La Casta, sarà una pietra miliare; il sottotitolo è abbastanza eloquente: “Così la classe politica è diventata intoccabile” [38] .

Il libro è pubblicato il 2 maggio 2007; quattro mesi dopo, l’8 settembre, Beppe Grillo inaugurò il primo V[affanculo] Day , dove annunciò la morte dei partiti politici. Esacerbando l’immagine del rapporto sublimato del leader con il suo popolo, si propone come “l’unica possibilità della realtà”, in un momento in cui il PD sta completando la sua trasformazione, al servizio di politiche economiche “virtuose” per ridurre il debito pubblico, diventando il partito della “destra”, l’altra destra, il partito della borghesia modernista.

L’abbandono della sua base elettorale, in particolare dipendenti e studenti del settore pubblico, è stato accompagnato da una più profonda rinuncia alle idee stesse di giustizia e uguaglianza. Questo adeguamento all’ordine esistente ha finito per offuscare definitivamente le classiche categorizzazioni politiche in cui le nuove generazioni non si riconoscono più. La sinistra si è ridotta sempre di più al gruppo di coloro che credevano di appartenerle, ma senza condividerne necessariamente i valori fondamentali.

È vero che, più o meno nello stesso periodo, la metamorfosi che ha colpito il PD era all’opera quasi ovunque in Europa. Ma il suo stato di precursore è qui accompagnato da un estremismo ineguagliabile, il cui impatto è particolarmente devastante, anche per la sinistra della sinistra, che è diventata anche disarticolata, sfilacciata, decomposta, “evaporata”, trascinata dal reflusso.

Di fronte al disastro di una sinistra incapace di tracciare un orizzonte di rabbia, Beppe Grillo e il suo movimento si imporranno come unico “soggetto alternativo”. Infatti, l’apparizione sulla scena politica italiana del comico genovese ha, al tempo stesso, colto a proprio vantaggio la sfera sociale dell’indignazione nell’immenso vuoto lasciato dalla sinistra e bloccato le sperimentazioni del tipo di quelle che andavano a diffondersi nel mondo (Indignados, Occupy, Fearless Cities, ecc.) e le loro incarnazioni politiche (Podemos, Syriza, ecc.) [39] . Le crisi politiche, sociali, economiche e morali che la Penisola ha attraversato negli anni 2000 hanno dato al movimento l’ossigeno di cui aveva bisogno. In Italia la formula dei manifestanti argentini “que se vayan todos » [«lasciateli andare tutti» – ndr] è stata spogliata della sua forza insurrezionale.

Il calice della morte

La Lega di Umberto Bossi era riuscita a smantellare la Democrazia Cristiana, in difficoltà nelle sue principali roccaforti, stabilendosi stabilmente in quella che viene chiamata la “zona bianca”, le zone cattoliche e conservatrici della penisola, dove si svolse il voto per la Democrazia Cristiana, fino al Anni ’80, un voto “per la Chiesa e contro il comunismo  . In questo senso, ha svolto un ruolo chiave nel consolidamento della costellazione di destra emersa all’inizio degli anni ’90.

Questa è la stessa strada intrapresa da Beppe Grillo e dal suo movimento. Del resto, non era proprio il partito di Umberto Bossi che Gianroberto Casaleggio, mentore di Grillo e creatore del blog BeppeGrillo.it nel 2005, aveva deciso di emulare? Ma questa volta sono le cosiddette zone rosse, ex roccaforti del partito comunista, ad essere il loro terreno prediletto, dislocando, spossessando e infine rifiutando ciò che restava dei valori, della storia e della memoria della sinistra, in particolare l’anti-fascismo.

Così Beppe Grillo ha scelto l’8 settembre 2007 per lanciare il suo primo “Vaffanculo-Day” (V-Day), una data di alto valore simbolico nella storia italiana del Novecento e in particolare nella storia del fascismo. Infatti, l’8 settembre 1943, il maresciallo Pietro Badoglio annunciò la firma dell’armistizio con gli Alleati. In questa data il re e il governo fuggirono dalla capitale, lasciando dietro di sé una popolazione disorientata alla mercé delle truppe tedesche che avevano travolto il paese dopo il licenziamento di Benito Mussolini 45 giorni prima.

Tutti a casa” sembra essere il motto confuso di questa giornata, ben reso dall’omonimo film di Luigi Comencini. Questo V-Day è il culmine dei migliaia di “Vaffanculo” (Vaffanculo!) che Grillo aveva gridato su tutti i palcoscenici, grandi e piccoli, d’Italia. Come quella del teatro Smeraldo di Milano, dove, nel 1992, annunciò la nascita della “gentocrazia”, invocando la presa del potere da parte degli umori e della rabbia delle persone; persone che “non hanno più paura di dire quello che pensano […] [41] ”.

La gente”, soggetto singolare in italiano, la cui declinazione plurale in francese rende bene l’idea di un’entità che si disintegra in una moltitudine di individui “ego-gregari” [42] . “Gentismo”, pensato come “l’evoluzione ultima dell’antica nozione di popolo”, riferito al pubblico indistinto e intercambiabile che, nel linguaggio del futuro M5S, diventerà “uno vale uno”, orizzontalità che conduce proprio all’opposto degli obiettivi dichiarati della democrazia diretta, cioè la negazione del collettivo per la frammentazione delle opinioni e il posto finalmente lasciato alle ampie prerogative del “leader”.

Mentre le mobilitazioni del V-Day si svolgono in più di 180 città, anche fuori dal Paese, è a Bologna, nel cuore della cosiddetta zona rossa, che Beppe Grillo sceglie di parlare, sfidando la sinistra. Davanti a decine di migliaia di persone, Beppe Grillo stava per dire ai politici di tornare a casa con un solo grido: “Vaffa…  ” [Vaffanculo…] alla “casta”: “Italiani, è arrivato l’8 settembre, il giorno della la nostra sconfitta; questo 8 settembre sarà il giorno della loro sconfitta. Il V-Day, come in Vaffanculo Day”.

Facendo l’8 settembre, giorno della sconfitta della guerra di Mussolini, giorno della sconfitta per il pubblico a cui si rivolge, Beppe Grillo si riappropria delle rivisitazioni revisioniste del fascismo italiano degli anni Novanta, compreso il concetto di “morte della nazione”, applicato proprio all’8 settembre, 1943, che rendeva illegittime le parti risultanti dalla guerra di resistenza.

In questa occasione, l’attore ha annunciato di voler “riprendere il paese” organizzando un movimento di “borghesi” e “conservatori” [43]. Un anno dopo, Beppe Grillo si impadronì del 25 aprile, luogo alto della memoria della Resistenza italiana, organizzando nuovi comizi in più di 400 città, al grido di “i veri partigiani siamo noi”. Ed è proprio a Torino, città fiore all’occhiello del movimento operaio, la “Pietrogrado italiana”, la città di Antonio Gramsci e dei Consigli di fabbrica, epicentro dei moti del 1917 e del 1945, che decide di parlare. Questa volta è per promuovere un referendum sul taglio dei finanziamenti pubblici alla stampa; un colpo soprattutto per i media non allineati, quelli della sinistra radicale, e un gradito slancio per chi, come Gianroberto Casaleggio, fa soldi con il web.

Beppe Grillo ha attivamente cercato di cancellare la memoria delle lotte degli oppressi confiscando spazio alla sinistra, una sinistra che definisce “molto peggiore” della destra, pur affermando di essere “né di destra né di sinistra, ma di lato dei cittadini” [44] . Il movimento allora avviato, che sarà organizzato due anni dopo nel Movimento 5 Stelle (M5S), non si configura come un movimento di promozione della consapevolezza di sé, degli altri e del gruppo formato con gli altri dalle battaglie collettive.

Infatti, durante i V-Days, non è la piazza “luogo di protesta e di conflitto” ad essere al centro, ma Beppe Grillo, e a Bologna come a Torino e in altre città italiane, non sono i manifestanti che si radunano, ma spettatori. La partecipazione si limita a “Vaffa…” ripetuto in coro accompagnato dai gesti di una “moltitudine” che, al posto del pugno alzato, simbolo delle lotte collettive per l’emancipazione umana, alza il dito medio. Un insopportabile affronto a questa idea, al centro delle mobilitazioni degli anni ’68, cantata nel 1972 da Giorgio Gaber: “La libertà non è stare su un albero, né è il furto di una mosca, la libertà non è uno spazio vuoto, la libertà è la partecipazione [45] . »

La “Vaffa” fungerà da connettore che cerca sia di suscitare emozione sia di giocare su un insieme di sentimenti confusi, un legame tangibile tra “elementi diversi” come la grafica della V di MoVimento, mutuata dal film di James McTeigue, V per Vendetta, dal carattere culturale composito, o del “coraggio” del M5S di scegliere il colore giallo “accuratamente evitato nel mondo politico” perché è quello delle “bugie, ipocrisie, tradimenti» [46] .

Con la crisi del 2008 Grillo si fa portavoce di una nuova forma di organizzazione politica, “leggera e potente” [47] . Un movimento che unisce l’energia mobilitante del Web, che può essere paragonata ai partiti politici dei Gloriosi anni Trenta, e il canale distributivo del piccolo schermo, strumento prediletto da Silvio Berlusconi e su cui Grillo ha esordito. Il Web è la carta vincente di questo dispositivo. [48] ​​​​Nel 2009 il blog BeppeGrillo.it si è classificato settimo tra i venticinque più seguiti al mondo da Forbes e, allo stesso tempo, è stato tra i dieci più influenti del pianeta secondo The Guardian.

All’epoca il 53% delle famiglie italiane aveva accesso a Internet (contro il 66% a livello europeo), un tasso che aumenterà solo nel tempo per raggiungere l’84% dieci anni dopo. Il successo del blog e il suo seguito sono legati alla quasi totale monopolizzazione dei canali televisivi da parte di Silvio Berlusconi, allora al potere. Il blog voleva essere “un’alternativa all’informazione convenzionale” [49] . «Beppe fa un vero lavoro giornalistico di sintesi», dichiara un suo follower, «sarebbe così faticoso andare a prendere tutte le informazioni che ci dà [50] . »

Il blog diventa il vettore di quella che Robert Proctor chiama “ignoranza prodotta culturalmente”, usando il dubbio come arma privilegiata della sua “agnotologia” e permettendo la costruzione di realtà parallele [51] . Grillo, ad esempio, sosteneva che l’AIDS fosse il “più grande veleno del secolo” o che le campagne di prevenzione del cancro fossero pericolose. Nel 2019 ha addirittura annunciato la sua partecipazione al congresso di coloro che credono che la terra sia piatta [52] .

Il blog fa appello a fake (utenti con identità false che dirigono la discussione), troll (utenti che intervengono per provocare gli interlocutori) e influencer (utenti che influenzano gli altri) [53]. Una pratica adottata da gruppi del M5S o vicini al M5S, alcuni dei quali hanno promosso campagne di “linciaggio mediatico” e minacce. Il blog di Grillo ha anche diffuso i temi cari ai Verdi, sull’onda della grande mobilitazione contro la privatizzazione dell’acqua nel 2011, “mettendo le questioni ambientali al centro dell’accusa contro le imprese capitaliste”, promuovendo, ad esempio, l’uso della Biowashball, una palla di produzione svizzera che presumibilmente rende superflui i detersivi [54] .

Molto rapidamente i giornalisti, tutti giornalisti, sono diventati oggetto di invettive, arrivando a bandirli dagli incontri del movimento, compreso quello di piazza San Giovanni a Roma, al termine dello “Tsunami tour” per le elezioni. Febbraio 2013. Nel 2017 Beppe Grillo arriva addirittura a chiedere l’istituzione di una “giuria popolare” contro la stampa e i telegiornali che pubblicano fake news, in un Paese che occupava poi il 77° posto in termini di libertà di stampa [55] .

Rifiutando lo spartiacque destra-sinistra, come aveva fatto Umberto Bossi prima di lui, Beppe Grillo seppe costituire una sorta di appello per una frangia crescente della popolazione. Attinge dapprima all’ampia opposizione a Berlusconi, cogliendo, riordinando, smantellando e svuotando un vocabolario proprio della sinistra, attirando a sé alcune delle figure di spicco dei suoi intellettuali (Erri de Luca, Dario Fo, ecc.), poi ampliandone la base di massa approfittando della decomposizione del campo politico italiano e nutrendosi della linfa del berlusconismo, “una forma senza precedenti di distruzione della democrazia [56]  ”.

Lo ha sottolineato Beppe Grillo, metà ironico metà vittorioso, durante la riunione di chiusura delle elezioni nazionali del marzo 2018: “Siamo riusciti ad accelerare e annientare tutti i partiti, che si sono dissolti in una sorta di nauseante superficie […] ] l’unico vero partito che esiste oggi in Italia è il nostro”. Partiti che descrive come “zombi”, “morti viventi” e “bara ambulanti”, di cui il M5S sarebbe diventato, secondo Gianroberto Casaleggio, “l’amanita phalloides”.

L’inverno sta arrivando

Il M5S cova da tempo nelle viscere del Paese come dimostrano le sue rapide vittorie elettorali, inserendosi nei territori e organizzandosi a livello locale. Ha le sue radici nelle profondità del sottosuolo italiano, nel “sovversivismo” di cui parlava Antonio Gramsci nei suoi taccuini carcerari: “Il carattere ‘sovversivo’ [ sovversivismo ] di questi strati ha due facce: una rivolta a sinistra, l’altra a destra, ma la figura a sinistra è un mezzo di ricatto; vanno sempre a destra nei momenti decisivi e il loro “coraggio” disperato preferisce sempre avere come alleati i carabinieri [57]

Ed è proprio la destra e l’estrema destra (Lega, Casapound, l’estrema destra meridionale) ad apparire come la banca alla quale questa ideologia della non-ideologia si è attaccata stabilmente, alimentando attivamente l’idea che fosse una formazione alternativa a/della “sinistra”. Così il M5S si è talvolta presentato come un baluardo contro l’estrema destra. Il 10 luglio 2013, dopo essere stato ricevuto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, anche Beppe Grillo si è fatto capire a modo suo: «[…] sono andato nei territori, e sono arrabbiato perché ho raccolto la rabbia di coloro che ho incontrato. […] Cerco sempre di moderare le menti delle persone, ho detto al Presidente della Repubblica, quello che dico è qualcosa che ho vissuto […]; le menti devono essere moderate,[58] . »

Ma dietro l’invocata rivoluzione, la suggerita eversione e l’eco lontana dei “fucili bergamaschi” che la Lega Nord brandiva negli anni Novanta con la stessa retorica di Umberto Bossi che poi pretendeva anche di padroneggiare l’ardore della base [59] , il M5S parteciperà anche alla cultura comune della destra, basata sul “culto del leader, la disarticolazione delle organizzazioni intermediarie e un eclettismo ideologico” che lo storico Paul Ginsborg ha definito come un misto di elementi carismatici, plebiscitari e tradizionalisti.

Il M5S si è dimostrato abile nell'”intercettare e interpretare qualsiasi tipo di protesta e disagio” e nel tenerli uniti. Si è presentato come un megafono che ha dato forza e voce al “sentimento” (o risentimento), alla “rabbia” di una popolazione che, per più di trent’anni, ha subito sia le conseguenze delle crisi economiche, sia le esperienze sociali e politiche in tutta Europa e l’inversismo (inversione radicale dei valori) a cui ha condotto la grande revisione culturale del berlusconismo e della destra plurale.

Un inversismo che ritroviamo, ad esempio, nel posizionamento dei portavoce del M5S sul fascismo: una “ideologia del passato” secondo Beppe Grillo, che si è limitato a dire di non essere fascista; Luigi di Maio ha affermato che all’interno del M5S “c’è chi si riferisce a [Enrico] Berlinguer [leader comunista italiano degli anni ’70], alla Dc o ad Almirante”. Difende l’idea che “le categorie di fascismo e antifascismo sono state utilizzate solo per ‘strumentalizzare’ [i dibattiti], perché nessuno merita di essere demonizzato, ed è possibile che siano stati commessi errori da entrambe le parti, ma anche che le scelte sono state fatte in buona fede».

Un altro giovane leader del M5S, Alessandro di Battista, ha saggiamente annunciato che “è più importante essere onesti che antifascisti”. Una posizione che risuona con quella di una parte crescente della popolazione. Beppe Grillo aprì un dialogo con il movimento neofascista CasaPound, o almeno con i suoi militanti, e attirò a lui uomini socializzati nel Movimento Sociale Italiano, come Luigi di Maio e Alessandro Di Battista, entrambi figli di militanti del MSI. Il padre dell’attuale Ministro degli Affari Esteri, ormai fuori dal M5S, ha orgogliosamente riconosciuto di aver collaborato con Giorgio Almirante e Gianfranco Fini e ha affermato di ritrovare nel M5S i “valori della vecchia destra” [60] .

La retorica usata da Beppe Grillo, con la scusa dell’umorismo, è quella dell’estrema destra. Il movimento della base elettorale del movimento verso le posizioni della Lega, in dialogo con gli orientamenti generali del M5S incarnati da Beppe Grillo, sembra confermarlo. Nel 2008, non dichiarò: “Io non sono un politico… potrei farlo solo in una piccola dittatura dove avrei la possibilità di usare uno stadio per mettere le 80.000 – 100.000 persone che fanno male all’Italia”. E nel 2013, dopo le elezioni di febbraio, non ha detto: «Lo dica subito chi non vuole attenersi alle nostre regole. Poi possiamo lapidarli [61] . »

Nel gennaio 2017, quando l’estrema destra europea, sul rimbalzo dell’arrivo di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, si è incontrata a Coblenza e ha annunciato “l’alba di un nuovo mondo” (Marine Le Pen) e il sogno di una “nuova Europa” (Geert Wilders) egemonizzata dai loro partiti, Beppe Grillo ha dichiarato sul Journal du Dimanche : “La politica internazionale ha bisogno di statisti forti come loro [Vladimir Poutine e Donald Trump]. Li vedo come un vantaggio per l’umanità. [62] Sito Alt-right di Steve Bannon, Breitbart, non ha mancato di accogliere queste osservazioni. Tra il 2012 e il 2016 è progressivamente aumentata la propensione al voto di destra degli elettori del M5S. Così, secondo Delia Baldassari e Paolo Segatti, durante gli exit poll di marzo 2018, il partito preferito degli elettori del M5S dopo il loro era quello di Matteo Salvini. [63]

I ripetuti attacchi di Beppe Grillo alla “sinistra buona e angelica” (buonista) in materia di politica dell’immigrazione o antirazzismo sono stati solo una delle varianti di un nuovo sincretismo che mescolava indiscriminatamente la lotta ai migranti e la lotta alla corruzione e alle mafie (“il clandestino serve, scrive, alla criminalità» [64] ). Grillo e il suo M5S sono diventati gli alfieri nella lotta contro un’inesistente invasione straniera, che dovrebbe mettere a repentaglio l’incolumità e il salario degli italiani, cavalcando senza esitazione il cavallo di Troia razzista.

Il “gentismo” che Grillo ha preannunciato fin dai lontani anni ’90 si riferisce a un popolo “etnico”, come ha ben sottolineato uno dei leader di Podemos, Íñigo Errejón, [65] , e gli elettori del M5S non si sbagliavano. Si consideri che tra coloro che votano per il M5S, la maggioranza vede nell’“immigrazione” una “minaccia all’identità culturale italiana” [66]. Grillo non ha detto che i rom erano una “bomba ad orologeria”, aggiungendo: “prima che i confini della patria fossero sacri, i politici li profanavano”? La Nazione, l’Italia, la difesa della Patria e degli italiani contro i migranti, le potenze occulte o l’Europa, sono all’ordine del giorno sin dalla strutturazione del movimento e da allora questa retorica non è cambiata, più ha subito adattamenti tattici.

Lo attesta il governo M5S-Lega da giugno 2018 ad agosto 2019. Un governo che il sociologo Domenico de Masi ha definito il più di destra nella storia dell’Italia repubblicana, che l’analista Ezio Mauro ha definito un “diritto realizzato”, e che il giornalista Claudio Tito ha definito un “laboratorio pratico di una nuova destra basato su un nuovo blocco sociale” [67] . Questo esecutivo ha adottato una serie di misure, tra cui il reddito di cittadinanza, oggi fiore all’occhiello “sociale” del M5S, attaccato da tutte le parti, vale a dire dove sono arrivate le politiche sociali italiane.

In effetti questo reddito è in realtà un workfare, che mette a lavorare le persone più precarie con il divieto di rifiutare più di tre lavori offerti in due anni. Il reddito di cittadinanza è stato ulteriormente limitato agli italiani e agli immigrati con permesso di soggiorno di lungo periodo che risiedono in Italia da più di dieci anni, lasciando indietro chiunque sia arrivato in Italia dopo il 2012, mentre il numero degli immigrati in Italia è aumentato di oltre 43% rispetto al 2008, e che costituiscono la fascia più vulnerabile, precaria e povera della popolazione [68] .

Lo stesso governo ha adottato il “decreto sulla sicurezza e l’immigrazione”, definito oggi un errore da Giuseppe Conte, il nuovo leader del M5S e all’epoca nondimeno presidente del Consiglio, uno dei più autoritari e reazionari della storia repubblicana, modificata nel 2020. Prevedeva l’abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, il raddoppio dei giorni di detenzione nei centri amministrativi previsti a tal fine (Centro permanente di rimpatrio – CPR), l’impossibilità per i richiedenti asilo di essere iscritti nei registri dello stato civile e quindi accedere al diritto di soggiorno.

In tema di “sicurezza”, il decreto autorizzava l’uso dei taser nei comuni con più di 100.000 abitanti e pene più pesanti, fino a due anni di reclusione, per chi promuove l’occupazione di terreni o fabbricati. Il governo guidato da Matteo Salvini e Luigi di Maio ha fatto della lotta ai poveri e ai migranti la sua priorità politica. Mentre la violenza di matrice razziale è costantemente aumentata in tutta la penisola (un aumento altrimenti negato a gran voce da Luigi di Maio), il governo della Lega-M5S ha scelto di criminalizzare la solidarietà e facilitare il possesso legale di armi da fuoco, compresi i kalashnikov.

Questo esperimento del governo è durato 14 mesi. Nell’agosto 2019 Matteo Salvini ha aperto una crisi di governo chiedendo elezioni immediate; spaventati da questa prospettiva dopo la vittoria della Lega alle elezioni europee di maggio, Movimento 5 Stelle e Pd hanno stretto una nuova alleanza, capitanata dallo stesso… lo stesso Giuseppe Conte.

Inoltre, sulla precarietà del lavoro e sulle restrizioni all’immigrazione, non ci sono differenze di natura con le politiche neoliberiste finora portate avanti dal PD e dalla destra alleata dell’estrema destra, cambia solo il grado. L’istituzione del governo M5S-PD nel settembre 2019 e il sostegno del M5S al governo guidato da Mario Draghi nel febbraio 2021, in piena crisi sanitaria, ne sono la magistrale conferma.

Il sociologo francese Éric Fassin ha proposto di interpretare quello che chiama il “momento populista” non come una reazione al neoliberismo, ma come un mezzo per garantirne il successo popolare. Prodotto del neoliberismo, il M5S è anche un prodotto della soggettività neoliberista interiorizzata che la sua pratica presuppone. Gli “utenti” affermano il loro “capitale umano” individuale attraverso l’”autocomunicazione di massa” digitalizzata che sembra poter fare a meno delle mediazioni tradizionali, mentre offusca l’asimmetria degli attori [70] . Dove il Web e i suoi strumenti non sono considerati come mezzi per realizzare una democrazia digitale diretta da costruire e pensare secondo le potenzialità che Internet effettivamente apre, ma come una forma politica già compiuta.

Questa tecno-utopia si basa sulle determinanti economiche e culturali di un neoliberismo integrato dalla soggettività dei soggetti dove l’orizzontalità e la pretesa partecipazione entrano in contraddizione con la necessaria estrema centralizzazione di un movimento composito, a pena di implosione, sembrano mostrare le ultime deviazioni dal movimento e le vertiginose perdite nelle intenzioni di voto per il M5S [71] .

Lo slogan “né destra né sinistra” ha funzionato come un mantra che ha impedito ogni seria riflessione su un fenomeno politico senza precedenti che è servito da cinghia di trasmissione per il lessico politico dell’estrema destra. Grillo e il suo M5S hanno giocato su quello che Wendy Brown chiama “risentimento di classe senza coscienza di classe” Questo risentimento è stato alimentato in cambio dai metodi di azione e dal discorso del M5S, che ha rimescolato i meccanismi riproducendo, intensificando e depoliticizzando le disuguaglianze e quindi distanziando la capacità di reazione.

Grillo e il suo M5S hanno auspicato la scomparsa delle istanze che prima esistevano per combattere le forme di odio, umiliazione e subordinazione che gli oppressi affrontano, senza proporne altri. Utilizzando Newspeak modellato sul npov di Wikipedia (punto di vista neutro), svuotando le parole del loro contenuto, inventandone di nuove, invertendo o “cancellandone il significato […] impedendo di pensare in termini diversi” e riducendo al minimo gli attacchi ai subordinati (tagli di austerità limitandosi, nel linguaggio di Grillo, a frattaglie , frattaglie/scarto), vanificando ogni possibilità di elevare il livello di coscienza di classe, unico modo per contrastarle .[73]. Il M5S sarebbe, in questa prospettiva, un diritto (post)moderno, frutto della guerra contro le élite, della polemica permanente contro lo Stato, del rifiuto del politically correct [74] .

Certo, mi si dirà, i tentativi di definire il M5S si scontrano costantemente con la pretesa di questa “ideologia della non-ideologia”, capace di fornire agli italiani, secondo Giuliano Santoro, sia “l’ebbrezza del cambiamento che la tranquillità di conservazione. Si impantanano tanto più facilmente quando non si considerano gli orientamenti politici del movimento, quelli dei suoi attivisti, di base e iscritti (che possono divergere con i primi e anche tra loro, se esaminiamo le varie regioni dove è presente il M5S ), ma le percezioni dei suoi elettori, o meglio quelle analizzate dagli istituti elettorali.

Così, all’uscita dalle urne nel marzo 2018, Demos e LaPolis hanno sottolineato che gli elettori del M5S si ritenevano molto più vicini alla Lega che ad altre organizzazioni. Lo ha dimostrato la consultazione nazionale del 2013, in cui buona parte degli elettori leghisti di Salvini ha scelto il M5S; una novità rispetto all’inizio del movimento. E Ilvo Diamanti titolava: “Gli elettori a cinque stelle vogliono un governo con La Lega [76]  “.

Una ricerca dell’Itanes (Studio Elezioni Nazionali Italiane) ha rivelato all’uscita delle urne che coloro che si rifiutavano di collocarsi sulla linea destra-sinistra avevano sostenuto principalmente il M5S [77] . Secondo i dati dell’Istituto Cattaneo del maggio 2018, il 45% della sua base sociale sarebbe a sinistra, il 25% a destra e il restante 30% oscillerebbe tra l’uno e l’altro [78]. Il sociologo del lavoro Domenico de Masi, inizialmente vicino al M5S, in un’intervista del maggio 2018 ha addirittura insistito sul fatto che questo movimento avesse una base sociale identica a quella del Partito Comunista degli anni ’70, rilevando che il 37% degli insegnanti, il 37% degli operai, l’aveva scelto il 38% dei disoccupati e il 41% dei dipendenti della pubblica amministrazione. Secondo l’Istituto SWG, il 35% di coloro che hanno votato per il PCI nel 1987 ha optato per il M5S [79] .

Un altro simpatizzante del M5S, il sociologo Fabrizio Li Vigny, interpellato da Mediapart, ha indicato inoltre che è stato un errore volerlo classificare a destra, sottolineando in particolare che un esponente della Confederazione Generale del Lavoro (CGIL) fuori tre e due milioni di ex elettori del PD avevano votato per il M5S nel marzo 2018 [80]. Base sociale ed elettorato di “sinistra” in un Paese dove è evaporato?

Ma che dire dei manager del M5S? Non solo il M5S e i suoi dirigenti hanno agitato significanti ormai vuoti (democrazia diretta, libertà, ecc.), ma anche quelle che lo storico Furio Jesi, ispirato da Oswald Spengler, chiamava “idee senza parole” caratteristiche della cultura di destra, o per essere più precisi, “parole spiritualizzate”, “che pretendono di poter davvero dire e quindi dire e nello stesso tempo nascondersi nella sfera segreta del simbolo”; termini che dovrebbero nascondere un “segreto” condiviso, ma che non hanno bisogno di essere spiegati e che, attraverso il loro uso, diventano vettore di idee senza parole e stabiliscono così la solidità presente e futura della comunità a cui appartengono e intendono indirizzare [81] .

La base del M5S si avvicina a quello che Luigi Salvatorelli, liberale antifascista, definì nel 1922 il “quinto stato”, indicando una nuova categoria che “non coincide con il proletariato socialmente e politicamente definito”, foriere di una forma inedita di rivolta in cerca di vie d’uscita [82] .

M5S potrebbe essere identificato con un catalizzatore chimico. Beppe Grillo garantiva la natura biodegradabile del suo movimento, indicando che poteva essere convertito in una semplice molecola che poteva essere utilizzata dalla nuova politica che aveva contribuito a creare producendo la decomposizione del vecchio [ 83] .

L’eterno “ritorno” del fascismo

Nelle ultime settimane non è raro vedere riferimenti a un discorso tenuto da Umberto Eco alla Columbia il 25 aprile 1995. Intitolato “Eternal Fascism”, fu pronunciato il giorno dopo l’attentato di estrema destra che colpì Oklahoma City, ferendo diversi cento e uccidendo diverse dozzine.

Riflettere nuovamente sulla persistenza del fascismo, sulle sue forme e sulla sua evoluzione nel tempo sembrava, al di là della celebrazione del cinquantesimo anniversario della liberazione italiana, tornare ad essere una necessità imperiosa. Il testo metteva in evidenza i rischi ancora molto concreti posti al mondo dalla (ri)nascita del fascismo: «Sarebbe molto più comodo, scriveva Umberto Eco, se sulla scena mondiale comparisse qualcuno che dicesse: ‘Voglio riaprire Auschwitz, voglio che le camicie nere sfileranno di nuovo nelle piazze italiane”. Ma la vita non è così semplice. Il Fascismo può sempre tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è smascherarlo e puntare il dito contro ogni sua nuova forma, ogni giorno, in ogni parte del mondo. [84]. »

La stessa conferenza è stata ripubblicata pochi mesi prima delle elezioni del marzo 2018, quando la presenza minacciosa di Matteo Salvini nelle file della coalizione di destra ha riacceso i timori di un ritorno al fascismo. Giorgia Meloni e il suo partito sembrano ora chiudere il ciclo di questa strisciante controrivoluzione iniziata trent’anni fa e nell’accelerazione politica e culturale di cui il M5S ha giocato un ruolo importante.

Nel frattempo, l’Italia è stata in prima linea in una crisi sanitaria globale, contando le sue decine di migliaia di morti; un’Italia malconcia, politicamente instabile, socialmente lacerata. Una delle economie più fragili dell’Eurozona, colpita nel profondo dal tumulto delle misure legate al lockdown che hanno generato una recessione globale, senza precedenti per dimensioni e diffusione storiche.

Fascista? Molti termini sono usati per descrivere l’ala destra che oggi si presenta alle porte del potere, ipnotizzando il dibattito pubblico, alla ricerca di parole “per designare la famiglia dei pericolosi demagoghi  . La loro stessa abbondanza rimanda alla difficoltà di determinarne i nuovi contorni: fascista o postfascista, per sottolineare la continuità della sua trasformazione; populista, a segnare la novità di un fenomeno nato nella seconda metà del Novecento, designando (o meno) un legame di continuità con il fascismo del periodo tra le due guerre [86] .

Non c’è dubbio che FdI sia la cosa più vicina alla realtà, qualunque cosa possa aver pensato la stampa internazionale dopo la messa in onda di un video in tre lingue in cui Giorgia Meloni avrebbe “abiurato” il fascismo, ma dove di fatto affronta il problema dell’eredità fascista in una sola frase e prende di mira principalmente l’antifascismo, il comunismo e la sinistra. Eppure, chi oggi agita il pericolo del fascismo non riesce a farsi sentire dalla maggioranza degli italiani, perché troppo spesso è stato usato per indurre la popolazione a votare per il “male minore”, anche turando il naso, secondo la formula utilizzata da Matteo Renzi in campagna elettorale del 2018.

Ma anche perché la distruzione del passato, cioè dei legami che uniscono i contemporanei alle generazioni precedenti, è stata qui evidenziata, più che altrove, con particolare diligenza negli ultimi trent’anni. Errori gravi sono stati commessi anche da alcuni antifascisti, quelli che pensavano che bastasse agitare costantemente il “pericolo del fascismo” per allontanare quasi meccanicamente l’elettorato da coloro che erano identificati come tali (quelli di Bossi, Salvini, Berlusconi, Grillo lui-anche, ecc.).

Ma la parola non ha davvero aiutato a pensare alla cosa e ha finalmente permesso di salvare l’analisi di una situazione senza precedenti. È diventata un’astrazione incapace di rendere conto dei fenomeni concreti. Coloro che hanno agitato il fascismo come ingiunzione ad agire, spesso non ne hanno colto le nuove dimensioni e la necessità di combatterlo come tale.

Un Paese che di recente ha visto minacciato un giornalista del quotidiano La Stampa per un servizio votato alla nostalgia del fascismo. Un Paese dove, il 9 ottobre 2021, la sede nazionale del più grande sindacato italiano è stata attaccata e devastata dai cosiddetti gruppi “No Vax”. Un Paese dove un quotidiano come Il Giornale ha potuto distribuire il Mein Kampf nella traduzione italiana del 1938 in regalo ai suoi lettori. Un Paese che, da decenni, criminalizza l’antifascismo, questo eterno “problema” di un ordine politico e sociale repressivo, indicato come l’unico “vero pericolo per la democrazia italiana”.

Ernesto Galli della Loggia, editorialista del quotidiano Corriere della Sera, che spesso inizia i suoi editoriali con “chi ha letto pochi libri”, che dovrebbero dargli una legittimità indiscutibile, riassume in una frase questa posizione politica: “Se il fascismo è violenza, illegalità e soppressione della libertà, la sua antitesi non è l’ antifascismo.

Eppure, «dove le dighe dell’antifascismo hanno ceduto, si diffonde l’odio razziale». [89] Come il 3 febbraio 2018 a Macerata (Marche), anche Luca Traini, ex leghista senza successo ed ex membro dei servizi di sicurezza del suo leader, ha sparato a sei persone dell’Africa subsahariana; quando, due ore dopo, la polizia lo arresta, Luca Traini viene avvolto nella bandiera italiana e grida “Viva l’Italia!” mentre fa il saluto fascista. Dopo questo attacco, tutti, dalla FdI al PD, hanno accusato i migranti di essere responsabili di queste violenze.

«L’Italia è un paese circolare», scriveva Pier Paolo Pasolini nei suoi scritti corsari, «come il Ghepardo di Lampedusa, in cui tutto cambia per restare come prima», perché, ha proseguito, «è un paese senza memoria che, se curato della sua storia, saprebbe che i regimi portano antichi veleni, metastasi invincibili [90] . Questo Paese impantanato in un complesso di crisi economiche, politiche, sociali, ecologiche e morali, che si sommano e si combinano, sembra vivere il momento del ritorno di uno di questi interregni durante i quali “si manifestano i più svariati fenomeni morbosi”. (Gramsci).

Tanto più che ha dimenticato il senso della storia, degli oppressi e delle loro lotte, che è sprofondato in un’ignoranza che si produce culturalmente da decenni e che sembra aver esaurito ogni forma di discernimento. L’irrazionalità del capitalismo ha finito per minare le sue formazioni tradizionali; i principi democratici elementari sono stati erosi e la fuga della libertà (Erich Fromm) sembra prevalere. Lo scoppio dell’essere sociale è poi mascherato dall’appello al “popolo”, o al “popolo” secondo esso, contro i “potenti”, tendenti a neutralizzare la capacità di prendere coscienza di sé, degli altri e di le molteplici dimensioni collettive della nostra umanità, e di respingere i fenomeni di contestazione in un universo pre-politico alla maniera di ciò che Gramsci definì apoliticismo, che si esprime con “frasi di ribellione [ribellismo], di sovversivismo [sovversivismo], di antistatalismo primitivo ed elementare [91]  ”. Un po’ come il “tardo fascismo” indicato dal filosofo Alberto Toscano [92] .

A prescindere dall’esito delle prossime elezioni, è in atto un cambiamento epocale. Italia, anno zero…

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Note

[1] Nikou Asgari e Ian Johnston, “Gli oneri finanziari a lungo termine dell’Italia sono rimasti vicini ai massimi degli otto anni”, Financial Times [FT] , 28 luglio 2022.

[2] Amy Kazmin, “Dubiti sull’accesso dell’Italia a 800 miliardi di euro del fondo Covid dell’UE dopo l’uscita di Mario Draghi”, FT , 6 agosto 2022.

[3] Ibid.

[4] ISTAT, “Le statistiche dell’ISTAT sulla povertà. Anno 2021”, giugno 2022.

[5] Lobby nera, Fanpage , 30 settembre 2021.

[6] Per i risultati 2018, Il Sole 24 ore , 23 marzo 2018; per i risultati del 2013, vedere qui .

[7] Stefanie Prezioso, “La Lega, Salvini e lo spettro del fascismo. Lezioni dall’Italia per la Francia”, Contretemps , 5 settembre 2022 (contretemps.eu).

[8] Ilvo Diamanti, Gli Italiani e lo Stato. Report 2017 (demos.it).

[9] Ilvo Diamanti, Rapporto gli Italiani e lo Stato 2021 (demos.it).

[10] Per i risultati 2018, Il Sole 24 ore , 23 marzo 2018; per i risultati del 2013, vedere qui .

[11] Giovanni Valenti, “Un “Cavaliere nero” per gli orfani del regime”, La Repubblica , 24 novembre 1993.

[12] Rino Genovese, Che cos’è il berlusconismo , Roma, Manifestolibri, 2011.

[13] Fabrizio Cicchitto, “Forza Italia, da movimento a partito di governo”, presentazione al seminario “La Casa delle libertà. Radici e valori di un’alleanza nuova”, Todi, 31 gennaio-1 febbraio 2003, citato in Gabriele Turi, La cultura delle destre. Alla ricerca dell’egemonia culturale , Torino, Bollati Boringhieri, 2013, p. 140.

[14] Francesco Biscione, Il sommerso della Repubblica. La democrazia italiana e la crisi dell’antifascismo , Torino, Bollati-Boringhieri, 2003.

[15] Chiara Colombini, Anche i partigiani però , Bari, Laterza, 2021.

[16] Pier Paolo Poggi, Nazismo e revisionismo storico , Roma, Manifesto libri, 1997, p. 112.

[17] Carlo Ruzza, “L’Italia: il diritto politico ei concetti della società civile”, Journal of Political Ideologies , n°15, 2010, p. 264.

[18] Geoff, Eley, “Legacies of Antifascism: Building Democracy in Postwar Europe”, New German Critique , n° 67, inverno 1996, pp. 73-100.

[19] Perry Anderson, “Un invertebrato sinistro. L’eredità sperperata dell’Italia”, London Review of Books , vol. 13, n°5, marzo 2009.

[20] Mark Fisher, “Come uccidere uno zombi: strategie per la fine del neoliberismo”, Opendemocracy.net, 18 luglio 2013.

[21] Fausto Bertinotti, “ Rigettiamo il determinismo, pensiamo ad un processo aperto”, Corriere della Sera , 1 dicembre 2003.

[22] Sophie Wanhich, “Dopo il 1789, 2009”, Le Monde , 4 aprile 2009.

[23] Antonio Gramsci, “Note sulla vita nazionale inglese”, Cahiers n°13 , § (37) (traduzione francese: Antonio Gramsci, Cahiers de jail. Cahiers 10, 11, 12 et 13 , Paris, Gallimard, 1978, p. 434).

[24] Massimo D’Alema, “Il voto italiano è il punto di rottura della crisi europea”, Il Manifesto , 10 aprile 2018.

[25] Marco Revelli, Finale di partito , Torino, Einaudi, 2013, p. IX.

[26] Carlo Formenti, La variante populista. La lotta di classe nel neoliberismo , Roma, DeriveApprodi, 2016, p. 7.

[27] Stefano Rodotà, “Lo scippo della Costituzione”, La Repubblica , 20 giugno 2012. Adam Tooze, Crashed. Come un decennio di crisi finanziaria ha cambiato il mondo , Parigi, Belles Lettres, 2018 (ebook).

[28] Bruno Amable, Stefano Palombarini, L’illusione del blocco borghese. Alleanze sociali e futuro del modello francese , Parigi, Raison d’Agir, 2017, Parigi, Raison d’Agir, 2017, p. 13.

[29] Il Manifesto , 5 marzo 2018

[30] Alessandra Ghisleri, “Verso il voto: FdI doppia la Lega, Azione supera FI. Un elettore su tre non ha deciso”, La Stampa , 31 agosto 2022.

[31] Loris Campetti, Ma come fanno gli operai. Precarietà, solitudine, sfruttamento. Resoconto da un corso di fantasia , San Cesario, Manni, 2018.

[32] Wendy Brown, “Niente è mai finito”. Un’intervista a Wendy Brown sulla soggettività neoliberista”, Terrains/Théories , N°6, 2017, p. 1; Michel Feher, Il tempo degli investimenti. La nuova questione sociale , Parigi, La Découverte, 2017 (ebook).

[33] Dimostrazioni, “XIV Rapporto. Gli Italiani e lo Stato”, 9 gennaio 2012 (demos.it).

[34] Demos, “XXIV. Rapporto. Gli Italiani e lo Stato”, dicembre 2021 (demos.it).

[35] Gilles Ivaldi, “Euroscetticismo, populismo, destra radicale: stato delle forze e questioni europee”, L’Europe en Formation , N°373/3, 2014, p. 8.

[36] Aldo Cazzullo, “Antonio Ricci: “Salvini mi riccorda Gabibbo, Masterchef rovina le cene””, Corriere della Sera , 2 dicembre 2018.

[37] Citato in Giuliano Santoro, Breaking Beppe . Dal Grillo qualunque alla guerra civile simulata , Roma, Castelvecchi, 2014.

[38] Sergio Rizzo, Gian Antonio Stella, La Casta. Così i politici italiani sono diventati intoccabili , Milano, Rizzoli, 2007.

[39] Benedetta Tobagi, “Queste nostre democrazie fragili”, La Repubblica , 14 febbraio 2017.

[40] Martina Avanza, Il “Puro e Duro dei Padani”. Etnografia della militanza nazionalista nella Lega Nord (Italia) , tesi di dottorato, École des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Parigi, dicembre 2007.

[41] Camillo Arcuri, “Voglio un pubblico col cartellino”, Corriere della Sera , 13 febbraio 1992.

[42] Dany-Robert Dufour, “Vivere in un branco pensando di essere libero”, Le Monde diplomatique , n° 646, gennaio 2008.

[43] Giuliano Santoro, Breaking Beppe .

[44] “Questa sinistra peggio della destra”, La Stampa , 10 settembre 2007.

[45] Brano tratto dall’album Dialogo tra un impegnato e uno non so (1972).

[46] Catherine Calvet, “Michel Pastoureau: “Il giallo è il colore degli ingannatori ma anche degli ingannati””, Liberation , 5 dicembre 2018.

[47] Paolo Gerbaudo, Il partito piattaforma. La trasformazione dell’era politica nell’era numérique , Milano, Feltrinelli, 2018.

[48] ​​John Hooper, “Il guru del web italiano assapora il potere mentre il nuovo movimento politico diventa virale”, The Guardian , 3 gennaio 2013.

[49] Eurostat, “  Famiglie: livello di accesso a Internet  ”, 31 gennaio 2019.

[50] Federica de Maria, Edoardo Fleischner, Emilio Targia, Chi ha paura di Beppe Grillo , Milano, Selene, 2008, p. 38.

[51] Robert Proctor, Londa Schiebinger (a cura di), Agnotologia. The Making and Unmaking of Ignorance , Standford University Press, 2008.

[52] Francesco Merlo, “C’era una volta Beppe Grillo”, La Repubblica , 1 maggio 2019.

[53] Carlo Vulpio, “La Rete è un trucco”, Corriere della Sera , 1 luglio 2012.

[54] Nadia Urbinati, “Mobilitazioni nelle reti, attivismo digitale: nuove aspettative partecipative”, Esprit , n° 8, agosto-settembre 2013, p. 89.

[55] Classifica di Reporter senza frontiere per l’anno 2016, online.

[56] Paolo Flores d’Arcais, “Fascismo e berlusconismo”, Le Débat , n°164, 2011, p. 10.

[57] Antonio Gramsci, Quaderni del carcere. Quaderni 1, 2, 3, 4, 5 , Parigi, Gallimard, 1996, pp. 289-292.

[58] “Beppe Grillo al Quirinale: conferenza stampa, 10/07/2013”; si veda anche Rinaldo Vignati, “Dai comuni al Parlamento: il Movimento entra nelle istituzioni”, in Piergiorgio Corbetta (a cura di), M5S. Vieni a cambiare il partito di Grillo .

[59] Stefano Marroni, “Avevo 300 mila ribelli”, La Repubblica , 30 agosto 1994.

[60] Corriere della Sera , 13 febbraio 2018.

[61] Giuliano Santoro, Breaking Beppe .

[62] “Beppe Grillo: ‘Il record dell’Europa è un fallimento totale'”, Journal du Dimanche , 22 gennaio 2017.

[63] Delia Baldassari, “Paolo Segatti, Ancora Sinistra-Destra”, in Itanes, Vox populi . Il voto ad alta voce del 2018 , Bologna, Il Mulino, 2018.

[64] Beppe Grillo, “Un clandestino è per sempre”, beppegrillo.it, 1 maggio 2011.

[65] Ludovic Lamant, “Errejón: “Il più grande perdente delle elezioni italiane è Bruxelles””, Mediapart , 12 marzo 2018.

[66] Luca Comodo, Mattia Forni, “Gliri del Movimento: voti e opinioni eletto”, in Piergiorgio Corbetta (a cura di), M5S. Come cambia il partito di Grillo , Bologna, il Mulino, 2017.

[67] Ezio Mauro, “La destra realizzata”, la Repubblica , 3 giugno 2018; Marco Travaglio, “Senza parole”, il Fatto Quotidiano , 5 giugno 2018; Claudio Tito, “La alleanza giallo-verde e la nuova destra al potere”, La Repubblica , 31 maggio 2018.

[68] Ufficio centrale di statistica, “  Dati statistici sull’immigrazione in Italia dal 2008 al 2013 e aggiornamento al 2014  ”, Ministero dell’Interno, Dipartimento per le politiche del personale dell’amministrazione civile e per le politiche del personale, 2014.

[69] Éric Fassin, Populismo, il grande risentimento, Parigi, Testuale, 2017 ,

[70] Manuel Castells, Comunicazione e potere , Parigi, Editions des Sciences de l’Homme, 2013 (ebook 2017).

[71] Gianluca Passarelli, Filippo Tronconi, Dario Tuorto, “Chi dice organizzazione, dice oligarchia”, in Piergiorgio Corbetta (dir.), M5S. Vieni a cambiare il partito di Grillo .

[72] Wendy Brown, Wendy Brown, Annulla demo. Neoliberismo, una rivoluzione furtiva , Parigi, Amsterdam, 2018; Owen Jones, La demonizzazione della classe operaia , Londra, Verso, 2011.

[73] Beppe Grillo, “Tagli, ritagli e frattaglie”, beppegrillo.it , 1 maggio 2012.

[74] Ezio Mauro, “L’anno zero della politica”, La Repubblica , 10 maggio 2018.

[75] Giuliano Santoro, Rompere Beppe.

[76] Ilvo Diamanti, “Gli elettori dei Cinque Stelle vogliono un governo con la Lega”, La Repubblica , 8 aprile 2018.

[77] Roberto Biorcio, Luigi Ceccarini, “Il Movimento 5 stelle un movimento che si candida al governo”, in Itanes, Vox Populi. Il voto ad alta voce del 2018 , Bologna, Il Mulino, 2018 (ebook).

[78] Daniela Preziosi, “De Masi: “È il giorno più nero per la sinistra italiana. Dal ’46, Italia mai così a destra””, Il Manifesto , 11 maggio 2018.

[79] Matteo Pucciarelli, Giacomo Russo Spena, “Sinistra anno zero (una lunga storia di tradimenti e divisioni)”, MicroMega , 6 aprile 2019.

[80] Amélie Poinssot, “Stiamo per governare con l’estrema destra, i Cinque Stelle in piena difficoltà”, Mediapart , 17 maggio 2018.

[81] Furio Jesi, Cultura di destra , Milano, Figure nottetempo, 2011 (1979) (ebook).

[82] Luigi Salvatorelli, “La vittoria del Quinto Stato”, La Stampa , 1 novembre 1922; in Id., Nazionalfascismo , Torino, Einaudi, 1977 [1923].

[83] Intervista a Beppe Grillo di Iann Bremmer, US GZeroWorld, 27 luglio 2018; Annalisa Cuzzocrea, “M5S, Grillo avverte Di Maio Guai a diventare un partito”, La Repubblica , 3 marzo 2018.

[84] Umberto Eco, “Ur-Fascismo. Libertà e Liberazione sono un compito senza fine”, New York Review of Books , 22 giugno 1995.

[85] Maurice Agulhon, “Il popolo incondizionato”, Vingtième siècle . Revue d’histoire , n°56, 1997, p. 225.

[86] Federico Finchelstein, “Returning populism to history”, Constellations , n° 4, 2014.

[87] Simonetta Fiori, “Bocciatura degli storici: Iniziativa inopportuna fanno solo marketing”, la Repubblica , 12 giugno 2016. Tutte le citazioni, salvo diversa indicazione, sono state tradotte da me.

[88] Ernesto Galli della Loggia, “I violenti e le parole ambigue, Corriere della Sera  ”, 24 febbraio 2018.

[89] Alessandro Portelli, “Aperta la diga dell’antifascismo, dilaga l’odio rullare”, Il Manifesto , 6 febbraio 2018.

[90] Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari , Milano, Garzanti, 1975, p. 87.

[91] Antonio Gramsci, Quaderni del carcere , edizione critica dell’Istituto Gramsci a cura di V. Gerratana, Torino, Einaudi, 1975, pp. 2108-2109.

[92] Alberto Toscano, “Note sul tardo fascismo”, Materialismo storico , 2 aprile 2017; Jairus Banaji, “Trajectories of Fascism: Extreme-Right Movements in India and Elsewhere”, The Fifth Walter Sisulu Memorial Lecture, Jamia Millia Islamia , New Delhi, 18 marzo 2013; David Riesman, La folla solitaria: uno studio sul cambiamento del carattere americano , New York, Garden City, 1953 (traduzione francese: La folla solitaria, anatomia della società moderna , Parigi, Arthaud, 1965); Dany-Robert Dufour, “Vivere in un branco pensando di essere liberi”, Le Monde diplomatique , gennaio 2008.