Viviamo una crisi climatica e ambientale per molti aspetti irreversibile. Pochi, soprattutto i giovani, si adoperano per rallentarne gli sviluppi. Molti la ignorano e inseguono le macerie della crescita. Altri fanno di tutto per accelerarla. Tra questi, i fautori della guerra.
Siamo ormai entrati in pieno in una crisi climatica e ambientale secolare, sicuramente per molti aspetti irreversibile. Pochi, soprattutto i giovani, si adoperano, spesso con tutte le loro forze, per rallentarne gli sviluppi: difendono il loro futuro, le loro vite. Molti la ignorano. Molti altri sanno benissimo che c’è, che è gravissima, ma fanno come se non esistesse e inseguono un presente destinato a lasciarsi dietro solo macerie: la “crescita”, la sovranità, il ponte sullo stretto, l’alta velocità, i gasdotti, il nucleare… Molti tra loro fanno di tutto per accelerarla. Tra questi, i fautori della guerra, di sempre più guerra.
Il governo e l’esercito russi stanno distruggendo l’Ucraina con razzi, bombe e incursioni. Stanno distruggendo le vite di decine di migliaia dei suoi soldati, dei suoi cittadini e delle sue cittadine, cercando di prenderle per fame e freddo; stanno distruggendo le sue infrastrutture, le sue città, le sue fabbriche, i suoi fiumi, il suo suolo, i suoi campi, boschi e animali, il suo futuro. Che cosa resterà dell’Ucraina quando e se taceranno le armi? Un deserto troppo costoso da riedificare e troppo inquinato da bonificare. Il granaio della Terra trasformato in discarica di razzi, proiettili, veleni e macerie. Ma le armate ucraine non sono da meno: sparano da 7 a 20mila proiettili di cannone ogni giorno, tanto da aver quasi esaurito le scorte e la stessa capacità produttiva degli Stati Uniti. Li sparano tutti sulle piccole regioni occupate dalla Russia, quelle che vorrebbero riconquistare. Contro chi e contro che cosa sparano tutti quei proiettili? Contro edifici, ponti, impianti (anche nucleari), soldati e mezzi bellici nemici (quando li centrano). Che cosa resterà del territorio di quelle regioni che considerano ucraine quando e se le armi taceranno? Questa, come tutte le guerre di oggi, ma oggi lo vediamo più chiaramente, non è solo una guerra contro altri uomini e altre donne, per ucciderli. È una guerra contro la Terra, contro la possibilità che continui a dare da vivere agli uomini e alle donne di domani. Gli ucraini son stati aggrediti dopo che le loro milizie e il loro esercito hanno aggredito per otto anni i loro connazionali delle regioni dell’est, di lingua russa. È giusto che si difendano. Ma da chi si devono difendere? Dalla guerra. È la guerra che li fa fuggire in massa dal loro Paese (dove sarà ben difficile fare ritorno), che miete a migliaia e migliaia i loro soldati nel fiore dell’età, che ruba il futuro alle nuove generazioni, avvelenando il loro sangue e il sangue della terra che non potrà nutrirli, che, con la minaccia atomica, ormai ventilata da entrambe le parti, sta mettendo in forse il futuro di tutta l’umanità e accelerando, con milioni di tonnellate di CO2 aggiuntive, la resa dei conti dei cambiamenti climatici con la Terra. Certo che gli ucraini dovevano difendersi (e le armi non gli mancavano: ne avevano ricevute in abbondanza negli anni precedenti, insieme all’addestramento per usarle). Ma non si combatte la guerra con altra guerra. Non c’è stata, da parte del loro governo (e altre voci non si sentono più) alcuna apertura a un negoziato, alcuna sollecitazione a una mediazione internazionale dell’Onu, o dell’Unione Europea a cui vorrebbe aderire. E nemmeno da parte della Nato, degli Usa, della Cina. Solo il papa, che non ha “divisioni” da mettere in campo, costretto a rivolgersi ad altri capi di stato sordi e ottusi, ed Erdogan, per avere mano libera a fare in Rojava quello che Putin sta facendo in Ucraina, si sono messi di mezzo. Soprattutto, nessun ravvedimento sul mancato rispetto degli accordi di Minsk. Ora la Merkel ci rivela che erano stati fatti, e violati, solo per “prendere tempo” in attesa di una guerra già decisa, di una resa dei conti tra Nato e Russia. Poveri ucraini!
E noi? Noi, ovvero i governi italiani che si sono succeduti da febbraio, tutti lì a fornire, a produrre e finanziare, in barba alla volontà dei loro cittadini (o sudditi), armi sempre più micidiali, sempre più “di attacco”. E tutto a spese di pensioni, reddito di cittadinanza, scuola, sanità, salvaguardia idrogeologica del suolo, vivibilità urbana, transizione alle energie rinnovabili, inclusione dei migranti: tutte cose che dovrebbero costituire una parte del nostro contributo alla lotta contro i cambiamenti climatici e la crisi ambientale.
Ma c’è qualcuno che abbia veramente messo in relazione la sua convinzione dell’urgenza di fermare la catastrofe climatica e ambientale verso cui sta correndo insieme a tutto il resto del pianeta con il ferreo sostegno – da lontano, da dove non si combatte – alla guerra degli ”eroici” combattenti ucraini? Che brutto il ritorno di questo aggettivo, per tanto tempo relegato all’esaltazione del macello voluto da chi delle guerre aveva fatto la propria mitologia! Quei combattenti che il nostro, ma non solo nostro, invio di sempre nuove armi sta inchiodando a una strada senza uscita, senza volersi “mettere da parte” per proporre una mediazione che può essere promossa solo da una posizione neutrale, che non vuol certo dire rinunciare a pesare le ragioni di entrambe le parti in causa.