Per avere una visione abbastanza chiara su dove stiamo andando, bisognerà attendere davvero parecchio tempo. Nessuno, crediamo, oggi potrebbe dire quanto. Il caos sistemico è profondo e il monopolio mediatico che disinforma così generalizzato che sarebbe inutile farsi e generare illusioni. Raúl Zibechi prova a cercare intanto qualche traccia, a scala globale, nell’analisi del Laboratorio Europeo di Anticipazione Politica, che vede – nel nuovo paradigma macroeconomico e geopolitico che si va formando – l’Unione europea molto indebolita dalla subalternità verso l’alleato-protettore storico, gli Stati Uniti. Un destino simile – o con noi o contro di noi – pare prevedibile per l’América Latina, mentre la Cina attraversa un passaggio difficile ed è l’India che brilla in ascesa. Un altro tipo di sguardo, meno vincolato agli Stati-nazione, segnala invece le forme politiche che l’accumulazione per espropriazione genera oggi sulle macerie delle vecchie repubbliche e delle democrazie fatiscenti. La militarizzazione, ad esempio, cresce e investe interamente le nostre società. In alcuni casi, come in Perù (ma anche in Iran), arriva perfino nelle università. È una delle più frequenti forme che assume il capitalismo di questi anni Venti nella protezione dei flussi delle merci, delle miniere a cielo aperto, delle Grandi Opere e dei processi di rapina in cui si appropria dei beni comuni. In América Latina, poi, le forze armate alimentano, in modo diretto e non, i gruppi paramilitari e quelli di trafficanti di droga rifornendoli di armi, addestramento ed esperti di lungo corso andati in pensione, ma soprattutto mettendo la logistica e l’intelligence al loro servizio.
l caos sistemico è così profondo e il monopolio mediatico che disinforma è così generalizzato, che è difficile avere una visione chiara di dove siamo, un passo ineludibile per cercare di decifrare dove stiamo andando. So che il tentativo può fallire o andare decisamente male, tuttavia ecco alcune idee su ciò che stiamo vivendo.
Su scala globale, l’analisi del Laboratorio Europeo di Anticipazione Politica (Leap), contenuta nell’editoriale del suo bollettino n. 171, sembra accurata: “Un nuovo paradigma macroeconomico e geopolitico continua a prendere forma e crediamo che l’Unione europea sarà sostanzialmente indebolita, posizionandosi dietro il suo protettore storico, gli Stati Uniti, che mantengono la loro potenza mondiale accanto a una Cina in un passaggio difficile e a un’India in ascesa”.
Nello stesso tempo sottolinea che “l’America Latina corre il grande rischio di soccombere ancora una volta all’influenza degli Stati Uniti, senza che ciò le impedisca di rilanciare dinamiche di cooperazione all’interno del suo ambito regionale”. In breve, l’Europa e l’America Latina rimarranno subordinate agli Stati Uniti e, quindi, saranno quelle che avranno più difficoltà a trovare il loro posto nel nuovo mondo.
In secondo luogo, dobbiamo guardare a ciò che accade nella vita quotidiana delle nostre società. Il sito brasiliano Passapalavra scrive a proposito dell’estrema destra che ci troviamo di fronte all’emergere di “un grande movimento sociale che nasce dalla barbarie di territori sempre più gestiti dalla violenza diretta di una normativa che si allontana dalla logica dei diritti sociali”, ancorata a pratiche capitaliste che mercificano tutto, dai territori popolari agli stessi corpi” (“Do bolsonarismo ao neofascismo”).
L’autrice del testo, l’urbanista Isadora de Andrade Guerreiro, afferma che il progressismo non è capace di leggere ciò che è al di fuori dell’istituzionalità dominante. Il mondo della criminalità (intesa come l’insieme dell’accumulazione per espropriazione), stempera i confini tra lavoratore e criminale, tra legalità e illegalità. Una volta dissolto, attraverso le guerre in corso, quel mondo coeso della società salariata, la società si sta riorganizzando.
Questo modo di produzione criminale ha bisogno di una nuova istituzionalità, con altre forme di legittimazione politica e sociale. Potremmo dirlo in un altro modo: l’accumulazione per espropriazione/estrattivismo/quarta guerra mondiale, genera nuove forme politiche e nuove istituzioni, che stanno prendendo forma sulle macerie delle vecchie repubbliche e delle democrazie fatiscenti.
In una terza dimensione, tra la scala macro e quella della vita quotidiana, la militarizzazione delle nostre società non smette di crescere, in un processo complesso e ormai irreversibile, che nasce in alto e si riproduce in basso. La militarizzazione colpisce l’intera società, è la forma che si sta dando il capitalismo in questo periodo di espropriazione. Al vertice abbiamo il modello messicano, come lo chiama Silvia Adoue, insegnante della Scuola Florestán Fernandes del MST [Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra], la quale ritiene che le forze armate stiano assumendo nuovi ruoli strutturali (“¿Hacia un nuevo papel para las fuerzas armadas?”).
La militarizzazione si impone nelle imprese statali e nel controllo dell’Amazzonia, come nel Brasile di Bolsonaro; ma si militarizzano anche l’ordine pubblico e persino le università, come avviene oggi in Perù. L’obiettivo, in tutti i casi, è quello di blindare il modo di accumulazione (le miniere a cielo aperto, le monocolture, le grandi opere infrastrutturali) per facilitare l’appropriazione dei beni comuni e il flusso delle merci.
Sulla base di queste tre prospettive (globale, locale e intermedia), possiamo arrivare a capire come le classi dominanti stiano rimodellando il sistema, manu militari, per sostenere un nuovo sistema, forse non tanto capitalista, mantenendo il colonialismo e il patriarcato. Questa è la prima cosa e la più importante.
Sabato 21 gennaio oltre 400 poliziotti, appoggiati da forze speciali, tank e blindati hanno fatto irruzione nella Universidad Nacional Mayor de San Marcos di Lima, in Perù, per aggredire e sgomberare centinaia di studenti e manifestanti arrivati da ogni parte del Paese. Foto tratta dalla pagina fb di Lucha Indigena
I progressisti si rendono complici di tale processo dando impulso alla militarizzazione e al militarismo. Questa sinistra parla secondo la cultura della destra, dell’estrema destra e persino del fascismo, per non parlare degli apparati armati dello Stato, cioè del nucleo dello Stato-nazione che opprime i popoli, che è intrinsecamente coloniale-patriarcale.
Sono le forze armate a generare i gruppi paramilitari e di trafficanti di droga, direttamente o indirettamente, rifornendoli di armi, di addestramento e di esperti con una lunga esperienza alle spalle come i militari in pensione, mettendo la logistica e l’intelligence al loro servizio.
La sinistra elettorale non ha una politica nei confronti delle forze armate, si subordina ad esse e si sottrae alle proprie responsabilità dando la colpa di tutti i mali alla destra e, quando non ci riesce, si limita a gridare al golpe senza mobilitarsi.
Capisco che non è facile affrontare gruppi armati, legali o illegali. È ancora più difficile farlo evitando lo scontro armato che in passato ha causato tanta sofferenza. Ecco perché dobbiamo creare una nuova politica, che sia in grado di affrontare lo stato di eccezione permanente in cui i popoli sopravvivono.
Fonte: “Ordenar (algo) el caos sistémico“, in La Jornada
Traduzione a cura di Camminardomandando.