Prefazione
Alcuni anni fa ho deciso di scrivere una breve storia del capitalismo. Per mitigare l’enormità del compito e costringermi a concentrarmi su ciò a cui si riduce il capitalismo, ho deciso di fingere di raccontare la storia del capitalismo a mia figlia allora dodicenne. Così, senza chiedere il permesso di Xenia (qualcosa che non mi permetterà mai di dimenticare!), ho iniziato a scrivere il libro sotto forma di una lunga lettera indirizzata a lei. Facendo attenzione a non usare gergo (nemmeno la parola capitalismo!), continuavo a ricordare a me stesso che se la mia narrazione avesse o meno senso per una giovane era una cartina di tornasole della mia comprensione dell’essenza del capitalismo. Il risultato fu un volumetto intitolato Talking to My Daughter: A brief History of Capitalism . >Partì da una sua domanda apparentemente semplice: perché c’è tanta disuguaglianza?
Anche prima che fosse pubblicato, mi sentivo a disagio. Tra il finire del manoscritto e il tenere tra le mani il libro pubblicato, mi sentivo come se fossimo nel 1840 e stavo per pubblicare un libro sul feudalesimo; o, peggio ancora, come aspettare che un libro sulla pianificazione centrale sovietica vedesse la luce alla fine del 1989. In ritardo, ovviamente.
Negli anni successivi alla sua pubblicazione, prima in greco, poi in inglese, la mia strana ipotesi che il capitalismo fosse in via di estinzione (e non semplicemente sottoposto a una delle sue tante impressionanti metamorfosi) si rafforzò. Durante la pandemia, è diventata una convinzione, che è diventata l’urgenza di spiegare il mio pensiero in un libro se non altro per dare ad amici e nemici indignati dalla mia teoria la possibilità di denigrarla adeguatamente dopo averla letta per intero.
Allora, qual è la mia ipotesi? Il fatto è che il capitalismo è ormai morto, nel senso che le sue dinamiche non governano più le nostre economie. In quel ruolo è stato sostituito da qualcosa di fondamentalmente diverso, che io chiamo tecnofeudalesimo. Al centro della mia tesi c’è un’ironia che a prima vista può sembrare confusa ma che spero di dimostrare abbia perfettamente senso: ciò che ha ucciso il capitalismo è… il capitale stesso. Non il capitale come lo conosciamo dagli albori dell’era industriale, ma una nuova forma di capitale, una sua mutazione avvenuta negli ultimi due decenni, tanto più potente del suo predecessore che come un virus stupido e troppo zelante si ha ucciso il suo ospite. Cosa ha causato questo? Due sviluppi principali: la privatizzazione di Internet da parte delle Big Tech americane, ma anche cinesi.
Prima di dire qualcosa in più sull’argomento, devo sottolineare che questo non è un libro su ciò che la tecnologia ci farà. Non si tratta di chatbot IA che prenderanno il posto dei nostri posti di lavoro, di robot autonomi che minacceranno le nostre vite o del metaverso mal concepito di Mark Zuckerberg. No, questo libro parla di ciò che è già stato fatto al capitalismo, e quindi a noi, dai dispositivi basati su schermo e collegati al cloud che tutti usiamo, dai nostri noiosi laptop e dai nostri smartphone, insieme al modo in cui le banche centrali e i governi hanno agito dal 2008. La storica mutazione del capitale che sto evidenziando è già avvenuta ma, coinvolti nei nostri drammi pressanti, dalle preoccupazioni per il debito e la pandemia alle guerre e all’emergenza climatica, ce ne siamo a malapena accorti. È giunto il momento di prestare attenzione!
Se prestiamo attenzione, non è difficile vedere che la trasformazione del capitale in quello che io chiamo cloud capital ha demolito i due pilastri del capitalismo: mercati e profitti. Naturalmente, i mercati e i profitti rimangono onnipresenti – anzi, mercati e profitti erano onnipresenti anche durante il feudalesimo – semplicemente non gestiscono più lo spettacolo. Ciò che è accaduto negli ultimi due decenni è che il profitto e i mercati sono stati sfrattati dall’epicentro del nostro sistema economico e sociale, spinti ai margini e sostituiti. Con cosa? I mercati, il mezzo del capitalismo, sono stati sostituiti da piattaforme di scambio digitale che sembrano mercati, ma non lo sono, e sono meglio intesi come feudi. E il profitto, il motore del capitalismo, è stato sostituito dal suo predecessore feudale: la rendita. Nello specifico, è una forma di affitto che deve essere pagato per l’accesso a quelle piattaforme e al cloud più in generale. Io lo chiamo cloud-affitto.
Di conseguenza, il vero potere oggi non risiede più nei proprietari del capitale tradizionale, come macchinari, edifici, reti ferroviarie e telefoniche, robot industriali. Continuano a trarre profitti dai lavoratori, dal lavoro salariato, ma non sono più al potere come una volta. Come vedremo, sono diventati vassalli rispetto a una nuova classe di signori feudali, i proprietari del capitale cloud. Per quanto riguarda il resto di noi, siamo tornati al nostro precedente status di servi, contribuendo alla ricchezza e al potere della nuova classe dirigente con il nostro lavoro non retribuito – oltre al lavoro salariato che svolgiamo, quando ne abbiamo la possibilità.
Tutto questo ha importanza per il modo in cui viviamo e sperimentiamo la nostra vita? Certamente lo fa. Come mostrerò nei capitoli 5, 6 e 7, riconoscere che il nostro mondo è diventato tecnofeudale ci aiuta a risolvere enigmi grandi e piccoli: dalla sfuggente rivoluzione dell’energia verde e la decisione di Elon Musk di acquistare Twitter alla Nuova Guerra Fredda tra Stati Uniti e Cina e come la guerra in Ucraina stia minacciando il regno del dollaro; dalla morte dell’individuo liberale e l’impossibilità della socialdemocrazia di sopravivere come proposta politica alla falsa promessa delle criptovalute, alla questione scottante su come possiamo recuperare la nostra autonomia, forse anche la nostra libertà.
Alla fine del 2021, armato di queste convinzioni e spinto da una pandemia che le rafforzava, il dado era stato tratto: mi sarei seduto e avrei scritto una breve introduzione al tecnofeudalesimo, la realtà sociale molto, molto più brutta che ha sostituito il capitalismo. Restava una domanda: a chi rivolgerla? Senza pensarci troppo, ho deciso di rivolgermi alla persona che mi aveva introdotto al capitalismo in età ridicolmente giovane – e che, come sua nipote, una volta mi ha posto una domanda apparentemente semplice che caratterizza quasi ogni pagina di questo libro. Mio padre.
https://www.asterios.it/catalogo/la-fine-del-capitalismo
Può essere irrazionale il sociale rispetto all’economico? Questo è, alla fin fine, il problema da affrontare per chiudere la parentesi neoliberale della storia recente del capitalismo. Ma la soluzione non c’è: solo funambolismi che denunciano la gravità della situazione senza riuscire a porvi rimedio. Si apre così lo spazio per la negazione del capitalismo, non in prospettive utopiche, ma come conclusione di ragionamenti paradigmatici coerenti, relativi alla sua evoluzione storica, e alla dinamica del capitale quando viene considerato come suo motore.
Un tempo, per molti, la classe operaia era il soggetto storico che avrebbe dovuto traghettare la società oltre il capitalismo. Il verso della lotta di classe però è cambiato; ora trova impulso dall’alto, e sposta ricchezza verso i vertici della piramide sociale. Tuttavia Marx è più vivo che mai per chi, con le sue lenti, non rinuncia alla lotta e guarda alla fine del capitalismo abbandonando la vecchia strada delle compatibilità, che ora porta a rinchiudere il lavoro entro la catena del valore, nonostante l’insopportabilità delle condizioni in cui viene erogato. Alla compressione del sociale reagisce anche chi è metodologicamente abituato ad usare le categorie di un Weber che considera l’uomo storicamente partecipe della realizzazione della ‘gabbia di acciaio’ imposta dall’economia, perchè il baratro verso cui corre il capitalismo sta ben oltre quell’orizzonte.
Per il lettore impaziente, un avvertimento: la mia descrizione del tecnofeudalesimo non arriva fino ai capitoli 3 e 4. E affinché la mia descrizione abbia senso, devo prima raccontare le sorprendenti metamorfosi del capitalismo nei decenni precedenti: questo è il capitolo 2. L’inizio del libro, nel frattempo, non riguarda affatto il tecnofeudalesimo. Il capitolo 1 racconta la storia di come mio padre, con l’aiuto di alcuni frammenti di metallo e della poesia di Esiodo, ha introdotto me, bambino di sei anni, al rapporto contrastato della tecnologia con l’umanità e, in definitiva, all’essenza del capitalismo. Presenta i principi guida su cui si basa tutto il pensiero che segue e si conclude con quella domanda apparentemente semplice che mio padre mi fece nel 1993. Il resto del libro assume la forma di una lettera indirizzata a lui. È il mio tentativo di rispondere alla sua domanda mortale.
SOMMARIO
Prefazione
Capitolo 1 – Il lamento di Esiodo
Gli amici del padre
L’introduzione di un bambino al materialismo storico
Dal calore alla luce
Un’introduzione molto particolare al capitalismo
Un’introduzione altrettanto strana al denaro
Liberi di scegliere? O da perdere?
La domanda del padre
Capitolo 2 – Le metamorfosi del capitalismo
Recuperare l’irrecuperabile
Tecnostruttura
Attenzione ai mercati e alla vendetta dei sovietici
L’audace Piano Globale
I numeri folli
L’impavido Minotauro Globale
Dal malcontento incontrollabile alla disintegrazione controllata
Le ancelle preferite del Minotauro: il neoliberismo e il computer
Torna alla tua domanda
Capitolo 3 – Capitale del cloud
Capitale dominante
Da Don ad Alexa
Singolarità
La nascita dei beni comuni di Internet
I nuovi recinti
Il capitale del cloud: gli inizi
Cloud-Proles
Cloud-Serfs
Mercati appassiti, ciao cloud-feudi
Torna alla tua domanda
Capitolo 4 – L’ascesa dei cloudalisti e la fine del profitto
Il segreto della nuova classe dirigente
Le conseguenze indesiderate del 2008
Denaro avvelenato, stagnazione dorata
Come i profitti sono diventati un optional per i cloudalisti
Disuguaglianze private
Torna alla tua domanda
Capitolo 5 – Cosa c’è in una parola?
Cosa servirebbe perché il capitalismo muoia?
La vendetta della rendita: come mai il profitto ha ceduto al capitalismo della rendita cloud
sotto steroidi?
Il metodo tecnofeudale alla follia Twitter di Elon Musk
Le basi tecnofeudali della Grande Inflazione
Il caso delle auto tedesche e dell’energia verde
Torniamo alla tua domanda: il capitalismo non è forse tornato sulla buona strada?
Capitolo 6 – L’impatto globale del tecnofeudalesimo: la nuova guerra fredda
Tecnofeudalesimo con caratteristiche cinesi
Geopolitica tecnofeudale: la “minaccia” emergente della finanza cloud cinese
Geopolitica tecnofeudale: come l’Ucraina ha contribuito a dividere il mondo in due super feudi cloud
Lo spettro del tecnofeudalesimo sull’Europa, il Sud del mondo, il pianeta
Torna alla tua domanda: chi vince e chi perde?
Capitolo 7 – Fuga dal tecnofeudalesimo
La morte dell’individuo liberale
L’impossibilità della socialdemocrazia La
falsa promessa delle criptovalute
Immaginare un altro adesso
Aziende democratizzate
Denaro democratizzato
Il cloud e la terra come bene comune
Una ribellione del cloud per rovesciare il tecnofeudalesimo
Torniamo alla tua domanda, un’ultima volta
APPENDICE 1 – L’economia politica del tecnofeudalesimo
APPENDICE 2 – La follia dei derivati
Influenze, letture e riconoscimenti.
Fonte: il sito di Varoufakis
https://www.asterios.it/catalogo/il-feudalesimo-digitale