Il Cavaliere della Malinconia balla

Coloro che erano sopravvissuti si diedero a un’orgia di piaceri: monaci, preti, monache, uomini e donne laici si “abbandonarono” a piaceri di ogni tipo.

La peste entrò in Toscana via Pisa nel gennaio 1348. Si diresse verso Firenze e poi seguì una rotta verso sud, in direzione di Siena.

La peste entrò in Toscana via Pisa nel gennaio 1348. Si diresse verso Firenze e poi seguì una rotta verso sud, in direzione di Siena.

Non fu più possibile celebrare i normali funerali cristiani. Non c’era nessuno che piangesse i morti. Ognuno attendeva fatalisticamente la propria morte. Solo a Siena morirono ottantamila persone in soli cinque mesi. Ma quando la peste nera cominciò a ritirarsi, coloro che erano sopravvissuti si diedero a un’orgia di piaceri: monaci, preti, monache, uomini e donne laici si “abbandonarono” a piaceri di ogni tipo, scrive in “This Mortal Coil. A History of Death” Andrew Doig.

Peste, carestia e guerra, insieme alla morte stessa, erano i quattro cavalieri dell’apocalisse nel Medioevo, continua Doig, professore di biochimica all’Università di Manchester. Oggi le cause di morte sono ben diverse: insufficienza cardiaca, cancro, ictus, demenza. Mr Doig, tuttavia, preferisce tornare a quell’immagine orgiastica della vita nel Medioevo, con la sua immersione nel piacere e la perdita dell’attimo prima che anch’esso si perda per sempre.

Per il suo piacere, gli trasmetto una conversazione che ho avuto di recente con il medievalista Nikos Karapidakis sul tema della dissolutezza nel Medioevo.

“Oggi è prevalente tra noi l’idea dell’amore idealizzato nel Medioevo: un amore a distanza, senza contatto fisico, consumato a prima vista, la cui ultima vittima si pensa sia stata Dante. Questo amore veniva mitizzato dai trovatori, ma nella vita di tutti i giorni le cose non andavano così. C’era la dissolutezza. All’uscita dalle chiese dopo il servizio divino, ad esempio, c’era tutto lo shopping. Tutto questo lo sappiamo sia da ‘Il Decamerone’ di Boccaccio che dai ‘Racconti di Canterbury’ di Chaucer”.

Aggiungo le seguenti informazioni datemi da N. Karapidakis: “Si dice che Riccardo Cuor di Leone, che era un assiduo frequentatore di chiese con grande pietà, avesse una fame sessuale insaziabile. È stato scritto che disse: “Io discendo dall’inferno (il mito vuole che la sua famiglia discenda da una fata infernale) e tornerò all’inferno””.

Le malattie sono cambiate, ma questa no, soprattutto in tempi come quelli attuali, in cui galoppa un altro cavaliere: quello della Melancholia.

“Vengo dall’inferno e tornerò all’inferno”, diceva Riccardo Cuor di Leone.

“Ricordate quel bel disco dei Dead Can Dance, con il Saltarello medievale? Come se stessero ballando nudi, pallide figure di Hieronymus Bosch in un luogo a metà tra il paradiso e l’inferno”.

Fonte originale: kathimerini.gr


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