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Che cos’è il greenwashing (e come ci inganna)
Nelle decisioni di investimento, tenere in considerazione i fattori ESG significa indirizzare capitali e risparmi verso imprese e progetti sostenibili, ossia che rispettano l’ambiente (è la lettera E della sigla ESG, ambiente, Enviroment in inglese), sono attente all’inclusione e al benessere dei lavoratori (la lettera S, i fattori sociali, Social in inglese), favoriscono la presenza di donne negli organi di amministrazione (la lettera G, governo societario, Governance in inglese). Stiamo parlando quindi di finanza sostenibile.
Quando vogliamo investire in azioni e obbligazioni di imprese sostenibili o in titoli che finanziano progetti ambientali o sociali (come le obbligazioni verdi), possiamo incappare in casi di greenwashing: l’impresa alla quale il titolo si riferisce o i progetti da finanziare ci vengono presentati come più sostenibili di quanto siano in realtà, cioè migliori del vero dal punto di vista dell’ambiente, dell’impatto sulla società o del governo aziendale. L’Unione europea sta mettendo a punto nuove regole e controlli per tutelarci; nel frattempo, facciamoci un’idea di questa pratica e di come ci può ingannare.
Qualche esempio
Consideriamo le banche della UE. Secondo quanto riporta l’EBA nel suo rapporto preliminare, questi sono casi di presunto greenwashing (rilevati in prevalenza da giornalisti e organizzazioni non governative) rispetto alla sostenibilità della banca:
- affermare di contribuire alla riduzione delle emissioni globali di anidride carbonica, ma prestare denaro a società che costruiscono centrali elettriche a carbone;
- affermare di contribuire alla lotta contro la deforestazione, ma investire in una società che si presume legata alla deforestazione dell’Amazzonia;
- impegnarsi pubblicamente a ridurre le emissioni di anidride carbonica connesse alle proprie attività di investimento e finanziamento, ma dotarsi di un piano non credibile;
- comunicare sui propri sforzi contro il cambiamento climatico, ma omettere informazioni sul proprio contributo alle emissioni di gas serra;
- violare la propria politica ambientale e sociale finanziando consapevolmente progetti dal forte impatto negativo sull’ambiente e sulla società;
- promettere di reprimere la clientela sospetta, ma poi fare affari con persone e società implicate in vari crimini;
- impegnarsi pubblicamente a essere sostenibile, ma investire in società coinvolte in violazioni dei diritti umani;
- dichiarare di non aver evaso le tasse, ma poi subire una condanna per evasione fiscale;
- affermare di avere a cuore il benessere dei dipendenti, ma discriminarli o non tutelarne i diritti.
A livello di prodotto o servizio, invece:
- dire il falso ai clienti sulle caratteristiche, gli obiettivi, la composizione e la portata “verde” dei prodotti d’investimento;
- promuovere come sostenibili fondi che investono in aziende con un impatto negativo sull’ambiente e sulla società;
- lanciare un’etichetta per l’investimento sostenibile che permette di investire in aziende nel settore dei combustibili fossili (non allo scopo di renderle più ecosostenibili).
Come si realizza l’inganno?
Con falsità e omissioni, spiegano le ESA. È greenwashing quando un’affermazione sulla sostenibilità contiene informazioni false o capaci di ingannare consumatori, investitori e altri partecipanti al mercato, oppure quando vengono omesse informazioni rilevanti per le loro decisioni (questo è il caso, ad esempio, di affermazioni parziali, selettive, non chiare, incomprensibili, vaghe, semplicistiche, ambigue, non tempestive o non dimostrate). Le affermazioni fuorvianti possono essere trasmesse attraverso vari canali, fra cui materiali di marketing, rapporti volontari, etichette e certificazioni di sostenibilità, siti web, social media e influencer.
In base alla definizione delle ESA, comunque, si può fare greenwashing non solo con ciò che si dice, ma anche con ciò che si fa. Un esempio di azione che può costituire greenwashing è non considerare abbastanza le preferenze di sostenibilità dei clienti in fase di consulenza.
Ma perché succede?
Che cosa può spingere al greenwashing nel settore finanziario? Le ESA riportano vari fattori:
- la competizione fra gli enti per soddisfare la crescente domanda di prodotti e servizi sostenibili;
- la carenza di regole e controlli;
- l’essere sotto la lente dei media e delle organizzazioni non governative, cosa che può indurre a concentrare la comunicazione su ciò che è sostenibile nelle proprie attività e ignorare o sminuire ciò che non lo è;
- la disponibilità di informazioni limitate o imperfette sulla propria performance ambientale;
- carenze nella struttura, nell’etica o nel governo societario dell’ente, come ad esempio la mancanza di un codice etico, di standard di condotta o di responsabilità assegnate con chiarezza.
Il greenwashing può provocare un danno immediato a singoli consumatori o investitori, o dare a chi lo fa un vantaggio ingiusto sui concorrenti. A prescindere da questi esiti, comunque, avvertono le ESA, se il fenomeno non viene tenuto sotto controllo può minare la fiducia nei mercati e nelle politiche di finanza sostenibile.
Per approfondire
- Scopri di più sulla finanza sostenibile e sulle sue regole nell’Unione europea.
- Che cosa sono i criteri ESG.
- Che cosa sono le obbligazioni verdi e quali regole seguire per investire in sicurezza.
- Approfondisci sulle preferenze di sostenibilità al momento di investire.
- I rapporti preliminari di EBA, ESMA ed EIOPA sul greenwashing (disponibili solo in inglese).
Fonte: L’economia per tutti. BANCA D’ITALIA PER LA CULTURA FINANZIARIA
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