Premetto che non sono uno psichiatra, semmai sono stato uno studente di psicologia, negli Anni Settanta ho fatto parte di “Psichiatria democratica”. Per semplificare, il movimento di Basaglia, Minguzzi, Slavich, Jervis, Pirella, Piro, Risso, Mistura, Cooper, Laing ecc. che chiedeva la chiusura dei manicomi “perché la malattia mentale non esiste se non come problema sociale”… Il mondo è cambiato, sono passati tanti anni e la pazzia non è più segregata in stanzoni fatiscenti, puzzolenti di urine e denigranti della persona umana, ora è tra noi – ma lo è sempre stata perché il disagio psichico appartiene all’essere umano che viva da solo o in società le cose non cambiano perché una sua specificità che tranquillamente neghiamo. Quando con grande stupore accogliamo notizie gravissime che configurano reati sociali: dalla violenza all’omicidio, lo stupore è la maschera del timore, così tentiamo di allontanarla negandola, anche se ci rimbalza addosso, come accade sempre durante le guerre. Se abbiamo banalmente definito Hitler un pazzo è perché di fronte all’orrore non abbiamo parole, ma soprattutto nessun desiderio di capire, quindi basta la parola… follia.
È singolare che la psichiatria abbia studiato gli effetti traumatici della guerra, nei soldati in trincea durante la Grande guerra, o durante la Seconda Guerra Mondiale, quando la figura dello psichiatra si mette la divisa con il grado di ufficiale, lavora all’interno delle strategie militari in funzione di controllo. Così gli effetti psichiatrici durante le guerre sono osservabili non solo all’esterno, dove evidentemente un bombardamento a tappeto produce traumi a chi ne viene colpito, ma anche all’interno della struttura militare stessa. Farmaci antidepressivi, ansiolitici (in passato c’era l’alcool, poi le anfetamine, in seguito l’oppio e anche l’eroina) distribuiti a piene mani alle truppe. Non è difficile immaginare cosa sia distribuito nelle trincee e negli assalti sul fronte russo-ucraino, ma i media (imboccati dai servizi segreti militari) preferiscono parlare di tecnologie utilizzate.
Quello che sta facendo, ad esempio, l’esercito israeliano ha qualcosa di fortemente malato. È forse un delirio bizzarro? Secondo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – in gergo il DSM5 –, “quando sono chiaramente non plausibili e non sono comprensibili a pari appartenenti alla stessa cultura o non derivano da esperienze di vita quotidiana”. Oppure di persecuzione? “Quando il tema centrale del delirio comporta la convinzione di essere oggetto di una cospirazione, ingannato, spiato, seguito, avvelenato, dolosamente calunniato, ostacolato nel perseguimento di obiettivi a lungo termine”. O si tratta di un delirio di onnipotenza, ovvero la deresponsabilizzazione nello sganciare ordigni mortali su gente inerme nei campi profughi indicati come “sicuri” dagli stessi esecutori? Scuole e ospedali quali obiettivi dove si nasconderebbero (ma anche se si nascondessero veramente) i terroristi… ma come pare ovvio a chi chiunque abbia un po’ di senno, i terroristi si spostano continuamente, mentre gli edifici distrutti non potranno più svolgere la loro attività rivolta ai civili. E si trattasse di schizofrenia tra la vendetta e la sindrome del terrore incisa nella propria esistenza? Psicosi grave nel leggere la realtà umana, togliere acqua e cibo alla popolazione può essere solo figlio dell’odio. O c’è dell’altro? Nessuno che ponga un limite, alcun Super Io, solo la mera obbedienza a dare la morte a qualcosa percepito come obiettivo di “animale nemico” – quanto i nazisti, convinti che gli ebrei fossero “razze inferiori”, zecche infettive o topi, da eliminare con il gas nei campi di sterminio –, quali insetti nocivi o poco altro.
La caccia all’individuo singolo colpendo gruppi: il terrorismo giustifica ogni agire – ma perché?– dove con ogni volta abbiamo con certezza decine o centinaia di vittime innocenti, allora è già evidente una relazione patologica con l’Altro da sè.
Ma forse c’è un segno antico che impedisce ogni divenire, basta leggere la Bibbia – il libro dei libri – il testo dell’esercizio della violenza originaria più estrema di tutta la letteratura occidentale. Come Abramo pronto a sacrificare il proprio figlio, aspettando l’angelo o la mano di Jahvè che può cadere anche su altri, visto che le scuole religiose ortodosse sono nella condizione di essere esentate dal servizio militare. Così, invece di attraversare il deserto come Mosè, adesso si tratta di desertificare i “nemici” indistinti: togliere case, acqua, cibo, energia elettrica e altro… come fossero le mura di Gerico o Sodoma e Gomorra. Ma cos’e? Il ritorno del rimosso “genetico” (allora ci sarebbe da credere davvero all’inconscio collettivo di Jung) nell’icona di un fantasma “vittima e assassino” scambiato di volto e identità. E non mi si dica che non si può distinguere lo Stato israeliano dalla religione ebraica… allora sarebbe come paragonarlo a uno Stato Islamico o al Papa Re dello Stato della Chiesa di due secoli fa, eppure per gran parte della opinione pubblica lo stato di Israele è una democrazia. E pensare che U.S.A e Gran Bretagna almeno fino agli Anni Sessanta cercarono di nascondere ciò che sapevano fin dal 1943 sui campi di sterminio nazisti, tenendo un atteggiamento assai morbido fin dai processi di Norimberga (20 novembre 1945 – 1° ottobre 1946) per ragioni strategiche di politica internazionale visto che allora il nemico era diventato l’Unione sovietica.
Ora senza più Biden presidente – davvero con Nixon tra i peggiori e incendiari presidenti che è riuscito per volontà o per incapacità a stravolgere in Europa e Medio Oriente qualsiasi equilibrio – potrebbe precipitare ancora più a fondo. Cosa c’è da aspettarsi dal prossimo presidente degli Stati Uniti se l’elezione di novembre si gioca quasi esclusivamente tra lo scontro etnico e sul colore della pelle, negando e dimenticando le origini stesse della nazione: quello di essere fin dal XVIII secolo uno stato multietnico frutto delle numerosissime emigrazioni? C’è il rischio che l’americano contemporaneo si identifichi con il trapper, col pioniere, il cowboy o nelle giubbe blu che si sono senza alcuna colpa liberati dei nativi pellerossa. Prima dell’arrivo degli europei nel continente nordamericano, i nativi pellerossa forse erano stati quasi 15 milioni con oltre 500 tribù diverse, nel 1800 il loro numero crollò a 600.000, arrivando all’inizio del Novecento a 237.000, oggi a meno dell’1% della popolazione. Come è avvenuto? Con una semplice tecnica: uccidendo le donne e i bambini nei villaggi, in tal modo in un colpo solo vennero sterminate almeno due generazioni impedendone la riproduzione.
Andrebbe anche ridefinito il termine e l’identità del terrorista: non siamo più ai tempi dei “Demoni” di Dostoevskij, nemmeno agli anarchici d’inizio Novecento. Se si uccidono individui seppur identificati quali nemici, al di là dei confini in Stati sovrani che la legislazione internazionale protegge, qual è la differenza tra un terrorista e un killer? Come applichiamo le regole della giustizia? Se ce ne disinteressiamo perché il mezzo che uccide è tecnologicamente avanzato non possiamo parlare più di democrazia, finiamo in un film di 007 con licenza di uccidere.
L’intolleranza, la guerra e la cecità dei governi stanno segnando irrimediabilmente questo inizio del secondo Millennio che non sarà… un Secolo breve.
Una novità di Asterios in tutte le Libreriehttps://www.asterios.it/catalogo/particelle-di-rivolta-1968