Georges Bataille sarebbe stato un teorico della decrescita?

 

“L’organismo vivente riceve più energia di quella necessaria per mantenere la vita. Se il surplus non può essere interamente assorbito nella sua crescita, deve essere perso senza profitto, speso, volenti o nolenti”, afferma in sostanza Georges Bataille in La Part maudite. Questa “economia generale” è un altro modo di affrontare l’illusione della crescita come fondamento di qualsiasi sistema economico.

Nel suo saggio La nozione di dépense (1933) [1] , Georges Bataille esplora il concetto di spesa da diversi punti di vista, situandolo sia in una prospettiva cosmica che umana. Il suo pensiero si basa sui principi della termodinamica per illustrare la necessità del dispendio nell’universo e nella vita umana. Ritiene che il dispendio sia una caratteristica fondamentale dell’universo, illustrata da processi come la diffusione del calore o l’emissione di luce da parte delle stelle.

Questi fenomeni termodinamici dimostrano che l’universo è in costante movimento e che l’energia si consuma inevitabilmente. Esplorando i legami tra dispendio energetico, natura e universo nel suo insieme, utilizza esempi tratti dalla fisica del globo, così come da quella degli individui estesa ai collettivi umani e al mondo vegetale e animale.

Bataille sostiene che il dispendio energetico non è solo una caratteristica fondamentale dell’universo, ma anche una necessità per l’individuo e la società. Secondo lui la spesa non dovrebbe essere confinata entro limiti ristretti, fissati dal sistema economico e sociale, ma piuttosto essere vissuta come un eccesso vitale. Questa concezione della spesa come energia in eccesso trascende le nozioni tradizionali di consumo e produzione e consente all’individuo e alla società di superare i vincoli imposti da norme e convenzioni. Lettore di Mauss e della teoria del potlatch [2] , trae da esso l’idea della secondarietà della produzione e dell’acquisizione rispetto alla spesa, la vita umana e, più in generale, quella di ogni specie, non può essere ridotta e “essere limitato ai sistemi chiusi assegnatigli in progetti ragionevoli”.

Il principio della vita comincia solo “con il deficit di questi sistemi”. Forte della nozione di spesa, critica l’economia borghese centrata sul solo desiderio di produrre e consumare, per mettere al centro della sua dimostrazione la nozione di eccesso che per lui è costitutiva della vita. È sui movimenti dell’energia sulla superficie del globo che fonda la sua ipotesi, sull’illusione delle “possibilità di crescita offerte dallo sviluppo industriale”, per contrapporre ad esso un’economia della vita generale e totalizzante, dove l’energia è sempre in eccesso e che deve incessantemente distruggere e consumare l’energia in eccesso. La storia della vita e dell’energia è la matrice a partire dalla quale egli contrappone una “rappresentazione strettamente economica del mondo, nel senso volgare, nel senso borghese del termine. L’odio per la spesa è la ragion d’essere e la giustificazione della borghesia; è allo stesso tempo il principio della sua spaventosa ipocrisia”. Rifiutando “questa ragione che tiene i conti”, difende “il principio di un’economia generale dove il consumo, la spesa sono in rapporto alla produzione l’oggetto primario” e per questo trarrà i suoi dati da molteplici discipline, dalla fisica del globo a economia politica, storia, scienze naturali, filosofia, poesia, psicologia, antropologia, ecc.

Nel campo vegetale, Bataille mostra che il processo di crescita delle piante richiede un dispendio energetico costante per mantenerne la vitalità e lo sviluppo. Allo stesso modo, nel regno animale, evoca il comportamento della tigre come esempio di eccessivo dispendio di energia. La tigre, in quanto predatrice, caccia e uccide altri animali per il cibo, il che rappresenta un notevole dispendio energetico. Questa spesa, anche se spesso percepita come brutale, è in realtà un elemento cruciale dell’equilibrio ecologico. Nel contesto umano, si sviluppa l’idea che la spesa non è solo una questione economica o di consumo, ma una necessità biologica e sociale. Dimostra che le attività umane come l’arte, la religione o anche la guerra, comportano un dispendio di energia che va oltre la semplice soddisfazione dei bisogni vitali.

Bataille cita, ad esempio, cerimonie religiose che spesso comportano sacrifici materiali o umani, dimostrando così che la spesa improduttiva è una componente essenziale della vita sociale e culturale. Allo stesso modo, evoca opere d’arte monumentali o costruzioni architettoniche che richiedono risorse considerevoli, evidenziando la dimensione del dispendio nella creazione artistica e nella costruzione della società.

Collegando questi esempi ai principi della termodinamica, Bataille mostra che qualsiasi processo biologico, sia esso vegetale, animale o sociale, comporta una trasformazione e un dispendio di energia, secondo le leggi della termodinamica. Bataille sottolinea quindi che il dispendio energetico è essenziale per la sopravvivenza e lo sviluppo dell’individuo e della società. Ci permette di trascendere i limiti imposti dal sistema economico e sociale e apre la strada a un’esperienza di vita più ricca e profonda. Abbracciando l’energia in eccesso come forza vitale, l’individuo e la società possono liberarsi da vincoli e convenzioni per esplorare nuovi orizzonti di possibilità.

Nell’attuale contesto di crescenti sfide ambientali, il pensiero di Georges Bataille offre un punto di vista originale e unico su come possiamo ripensare il nostro rapporto con l’energia, i consumi e l’ambiente. Attraverso il suo concetto di spesa, Bataille invita a una riconsiderazione radicale dei nostri modelli economici e sociali, sottolineando la necessità di riconoscere e accettare l’eccesso di energia come condizione di libertà. In un’epoca in cui produzione e consumo dominano i nostri sistemi economici, il pensiero di Georges Bataille offre una potente critica a questo approccio, definendolo mortale.

Proseguendo l’analisi di Bataille, anziché concentrare tutte le nostre energie sullo sfruttamento dei territori redditizi, è fondamentale riconoscere l’importanza di mantenere una quota di terra sotto forma di maggese o di preservazione per scopi non produttivi.

Per lui ripiegare sulla produzione e sul consumo significa limitarsi e privarsi della vitalità necessaria per un’esistenza realizzata. Il dispendio energetico, lungi dall’essere una semplice nozione astratta, è un’esigenza vitale, una condizione fondamentale della vita stessa. Questa esigenza vitale si ritrova nel cuore stesso delle società cosiddette primitive e prelogiche attraverso le pitture rupestri, come quelle della grotta di Lascaux, un’esperienza che lo lascerà stupito, dove all’esterno è visibile “un mondo nascosto di ogni miserabile necessità” [3] (implicando la produzione). La sua ambizione è porre la questione essenziale del movimento della vita e della sua effervescenza, ignorata dai proponenti delle discipline, in particolare da quelli dell’economia classica e dagli uomini per i quali l’unico valore è quello del lavoro.

Trasponendo l’analisi di Bataille sulle sfide ambientali legate alle società industriali, la nostra dipendenza dai combustibili fossili, la principale fonte della nostra produzione e il nostro consumo sfrenato, porta a un consumo eccessivo di energia non rinnovabile limitato solo alle esigenze funzionali dell’economia, mettendo in pericolo l’equilibrio ecologico del pianeta e il movimento della vita. Questo consumo eccessivo, lungi dall’arricchire la nostra vita, ci aliena allontanandoci dai nostri bisogni autentici e limitando il nostro potenziale di dispendio energetico che potrebbe essere investito in altri ambiti essenziali per una vita sovrana e autonoma, quelli del lusso, della poesia, dell’arte, del divertimento, erotismo, sacro, sessualità (non nel senso di riproduzione) ecc.

Proseguendo l’analisi di Bataille in termini di questioni ambientali, invece di concentrare tutte le nostre energie sullo sfruttamento dei territori redditizi attraverso l’agricoltura industriale i cui impatti dannosi sulla biodiversità e sulla vita sono ben documentati, per egli è al contrario, fondamentale riconoscere l’importanza di mantenere una porzione di terreno a riposo o preservata per scopi non produttivi. Questa attenzione all’inutile è essenziale per garantire la sopravvivenza di una società scaricando le sue energie in eccesso su dimensioni diverse da quella produttiva. Sfruttando la terra esclusivamente nel quadro di un’economia incentrata sull’appropriazione e sull’accumulazione, l’umanità si avvia verso la propria rovina, spesso senza nemmeno rendersene conto.

La messa in discussione del Green Deal da parte del Parlamento europeo, in particolare l’obbligo di non coltivare parte dei terreni a maggese, scavare stagni o piantare siepi, evidenzia il modo in cui l’economia è asservita alla crescita piuttosto che al reale sviluppo umano. Il Parlamento rivaluta la produzione a costo di abbandonarla a beneficio dell’eccitazione della vita. Il pensiero di Bataille riecheggia l’Antropocene, dove l’uomo, attraverso i suoi artefatti tecnici e automatizzati, è diventato la principale forza che schiavizza la Terra al solo scopo dei suoi interessi economici:

“In questa subordinazione alla crescita, l’essere dato perde la sua autonomia, si subordina a ciò che sarà in futuro, per l’aumento delle sue risorse. La crescita, infatti, va vista in relazione al momento in cui si ridurrà a pura spesa. Ma è proprio questo il passaggio difficile. La coscienza infatti si oppone a ciò nel senso che cerca di cogliere qualche oggetto di acquisizione, qualcosa e non il nulla del puro dispendio. Si tratta di arrivare a un momento in cui la coscienza cesserà di essere coscienza di qualcosa … Cioè, una coscienza che non ha più nulla per oggetto” (La Part maudite , prima edizione 1949).

In effetti, questa coscienza che dovrebbe cedere il posto al “nulla” e alla rinuncia all’avere, al principio stesso della sopravvalutazione del consumo delle nostre società, è davvero difficile da superare. Lo vediamo in molti esempi, come il rifiuto di trasferire le abitazioni nelle zone costiere per creare zone cuscinetto naturali, consentendo così alla natura e al mare di riconquistare i propri diritti. Allo stesso modo, emblematicamente, la pandemia di Covid-19 evidenzia la diffusione e la mutazione di un virus strettamente legato alla deforestazione e al disboscamento a scopo di lucro, considerando la foresta come un capitale piuttosto che come una forma di vita. Questo impoverimento si traduce in una convivenza involontaria tra esseri umani e non umani, creando così una fonte di diffusione di malattie infettive emergenti.

Ma l’esperienza del Covid è anche, come avrebbe potuto dire Bataille, quella “dell’affermazione del carattere secondario della produzione e dell’acquisizione rispetto alla spesa”, l’idea di un mondo controllato dalla necessità primordiale di produrre e tenere conti essendo per lui un’illusione. Bruno Latour, nella sua rubrica su AOC “Sei pronto a salvarti”, interpreta Bataille quando dice: “Sarebbe un peccato perdere troppo in fretta tutti i benefici di ciò che il Covid-19 ha rivelato come essenziale. In mezzo al caos, all’imminente crisi globale, al lutto e alla sofferenza, c’è almeno una cosa che tutti sono riusciti a cogliere: qualcosa non va nell’economia. Innanzitutto ovviamente perché sembra che si possa sospendere subito; non appare più come un movimento irreversibile che non deve né rallentare, né ovviamente fermarsi, pena la catastrofe (…). Ecco, non dovevamo darci il tempo di pensare così a lungo! Travolti dallo sviluppo, abbagliati dalle promesse di abbondanza, ci eravamo probabilmente rassegnati a non vedere più le cose se non attraverso il prisma dell’economia. E poi, per due mesi, siamo stati portati fuori da questa evidenza, come un pesce tirato fuori dall’acqua che si rende conto che il suo ambiente di vita non è l’unico. Paradossalmente è stato il confinamento ad “aprirci le porte” liberandoci dalle nostre solite routine. Di conseguenza, è il deconfinamento a diventare molto più doloroso; proprio come un prigioniero in licenza troverebbe ancora più insopportabile ritornare nella cella alla quale si era finalmente abituato. Aspettavamo un grande vento di liberazione, che però ci rinchiude nell’inevitabile “marcia dell’economia”, mentre per due mesi le esplorazioni dell’“altro mondo” non erano mai state così intense. Quindi tutto tornerà come prima? È probabile, ma non è inevitabile.”

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Come Bataille, afferma che la vita non è fatta solo di relazioni economiche. L’Homo œconomicus è un inganno utile per chi vuole farci credere che la vita è lavoro produttivo. B. Latour continua ironicamente: “Si allenta la pressione e ci si emancipa, come i virus abbandonati all’improvviso in un laboratorio al quale erano stati tagliati i fondi.» Anche qui si tratta di un eccesso di pressione che trova nella crisi l’occasione per liberarsi e per dimostrare che un altro mondo è possibile, «dove forze ordinate e riservate si liberano e si perdono per fini che non possono essere sottoposte a nulla di cui è possibile rendere conto”, come esprime Bataille in questa citazione che fa eco al testo di Latour.

Bataille potrebbe infatti, se seguiamo il suo pensiero sulla nozione di spesa, sostenere una forma di sobrietà “libidinica”, non come restrizione o perdita imposta, ma al contrario come liberazione dalle esigenze di consumo eccessivo per il profitto la vera libertà, quella dello sviluppo dell’individuo e della collettività. In questa prospettiva, ad esempio, la sobrietà oggi oggetto di tante polemiche non dovrebbe essere vista come una restrizione o una privazione, ma piuttosto come un ritorno all’essenza stessa della vita. Ci invita a riconnetterci con la vitalità insita in tutte le forme di vita, ad abbracciare l’eccesso di vita piuttosto che accontentarci della tiepidezza di un’esistenza limitata dai vincoli di un consumo sfrenato con un unico obiettivo, quello dell’accumulazione. Un sistema economico così chiuso limita le nostre possibilità invece di aprirci all’universo, alla biosfera e al cosmo e ai movimenti energetici che li animano e ai quali siamo collegati.

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Scrive Bataille: “Partirò da un fatto elementare: l’organismo vivente, nella situazione determinata dal gioco delle energie sulla superficie del globo, in linea di principio riceve più energia di quella necessaria al mantenimento della vita: energia in eccesso (ricchezza) può essere utilizzato per la crescita di un sistema (ad esempio un organismo); se il sistema non può più crescere, o se il surplus non può essere interamente assorbito nella sua crescita, deve necessariamente essere perso senza profitto, speso, volontariamente o no, gloriosamente o no, o altrimenti catastroficamente.» È in un certo senso la legge dell’entropia e della termodinamica a cui fa riferimento nella sua opera anche un autore come Bernard Stiegler, pur riconoscendo il suo debito nei confronti di Bataille: “L’Antropocene, in quanto è un «Entropocene», realizza il nichilismo come livellamento insostenibile di tutti i valori e lo slancio imperativo di una «transvalutazione» che porta in superficie una «economia generale» nel senso di Georges Bataille, di cui ho cercato di mostrare altrove che si tratta di un’economia libidinale rivisitata.” [4]

La sobrietà in felice e dispendiosa decadenza, contrariamente all’idea convenzionale, potrebbe essere considerata come un lusso, un eccesso di vita, di spesa nel senso di Bataille.

Bataille ci porta a riconsiderare la sobrietà, non concependola più come limite, ma come un eccesso, una rottura trasgressiva con il calcolo economico e con i suoi vincoli limitanti associati all’Homo œconomicus , pallida versione unidimensionale dell’uomo a cui si rifiuta di aderire. Mette in discussione le norme convenzionali di produzione e consumo a favore di un’economia più aperta, che chiama “economia generale” in contrapposizione a “economia particolare”, dove diventa centrale la consapevolezza dell’obbligo del dispendio e della perdita di energia piuttosto che della crescita e dell’accumulazione.

Per lui il dispendio di energia è una condizione di libertà, perché consente di trascendere i limiti e i vincoli imposti da un’economia strettamente incentrata sulla produzione e sul consumo, che diminuisce le potenzialità e le capacità creative degli individui e della società e che, attraverso il controllo che esercita, limita o addirittura convoglia l’energia al solo servizio delle utenze. Come in una caldaia la cui energia non troverebbe modo di liberarsi, questo confinamento energetico ne causerebbe l’implosione. Il rifiuto di liberare l’energia in eccesso propria dell’effervescenza della vita, porta, all’insaputa degli individui, a fenomeni incontrollabili, guerre, conquiste, competizioni e, oggi, potremmo aggiungere, alla possibilità del collasso legato alle conseguenze della crescita e della rifiuto di mettere al centro della società meccanismi di spesa improduttiva, di spreco, equivalenti a quelli dei sacrifici e del potlatch degli indiani del Nordovest americano studiati da Franz Boas e di cui Marcel Mauss lo teorizzerà nel Saggio sul Don.

In quanto tale, la sobrietà in felice e dispendiosa decadenza, contrariamente all’idea convenzionale, potrebbe essere considerata come un lusso, un eccesso di vita, di spesa nel senso di Bataille, cioè un tuffo audace nelle inesauribili ricchezze della nostra esistenza. Sarebbe un ritorno all’essenziale, alla semplicità, alla profondità dell’esperienza umana, dove ogni atto di dispendio energetico diventa una celebrazione della vita stessa.

Il pensiero di Bataille ci incoraggia a ripensare il nostro rapporto con la vita, a rifiutare le norme della società dei consumi in favore di un’esistenza più autentica e appagante. Abbracciando il dispendio energetico come manifestazione di vitalità, intraprendiamo il percorso verso una vita piena e vibrante, in armonia con il mondo che ci circonda. Bataille potrebbe riconoscere che il consumo eccessivo e lo spreco eccessivo di energia hanno contribuito agli attuali problemi ambientali, compreso il cambiamento climatico. Potrebbe incoraggiare una rivalutazione delle priorità e una riduzione del consumo eccessivo in alcune aree, in particolare quelle in cui la spesa energetica è particolarmente dannosa per l’equilibrio ecologico. In questo senso il suo pensiero risuona con le preoccupazioni ambientali contemporanee.

Considerare la spesa energetica come un’espressione della vitalità e della responsabilità umana può aiutare la nostra comprensione delle sfide che affrontiamo oggi. Tuttavia, ciò non significa necessariamente che Bataille adotterebbe una posizione di rigorosa sobrietà. Si potrebbe sostenere un approccio più sfumato, che riconosca la necessità di un eccesso e di uno spreco di energia in determinati contesti, promuovendo al contempo un uso più responsabile delle risorse e la consapevolezza delle conseguenze delle nostre azioni sull’ambiente.

Pertanto, uscire dal flusso incessante di produzione e consumo potrebbe essere considerato un atto di vero lusso, consentendo agli individui di riconnettersi con i veri valori della vita e di trovare un equilibrio più armonioso con il proprio ambiente. In questo le sue posizioni riecheggiano quelle di B. Stiegler sulla denuncia del capitalismo compulsivo, un capitalismo di servizio che orienta i nostri desideri verso il consumo di prodotti industriali. Nella rivista Télérama del 2009 , ha fatto la seguente osservazione: “A forza di aver deviato il desiderio e la creazione in impulsi di acquisto, il sistema capitalista ha prodotto società demotivate e autodistruttive”, questa “sottomissione delle tecnologie della mente ai soli criteri del mercato li mantiene in funzione di controllo tecnico” bloccando poi “l’accesso alle tecnologie per qualsiasi altro scopo”.

Questo saggio incompiuto su un lavoro proseguito tra il 1933 e il 1949 e che non ha potuto essere completato apre numerose prospettive, tra cui quella di trascendere le semplicistiche dicotomie tra vita e morte, consumo e sobrietà, per abbracciare la complessità e la dualità dell’esistenza umana. È in questa tensione tra eccesso e moderazione che risiede la vera essenza della vita, un’essenza che è un invito a riconsiderare i nostri legami e i nostri modi di produrre e consumare per essere in armonia con il mondo nel suo significato fisico e materiale del termine “poiché il destino dell’universo è un compimento inutile ed infinito” quello dell’uomo di perseguire tale compimento al di là delle concezioni distorte dell’utilità classica.

Certamente sarebbe sbagliato vedere Bataille come un pioniere dell’ecologia. Non fa menzione di Darwin e senza dubbio non conosce il lavoro del botanico AG Tansley [5] del 1935 al quale dobbiamo la nozione di ecosistema, e ne ignora le dimensioni interattive, relazionali e dinamiche. Tuttavia, la sua concezione di un’economia generale che si estende al movimento della vita piuttosto che al solo sviluppo delle forze produttive è ricca di lezioni per comprendere l’illusione della crescita come fondamento di qualsiasi sistema economico e che, nonostante tutte le conseguenze mortali e distruttive che essa comporta, continua il suo volo a capofitto.

Note

[1] G. Bataille, La Part maudite preceduta da “La nozione di spesa”, Les éditions de Minuit, 1967

[2] M. Mauss, Saggio sul dono, PUF, collezione Quadrige, 1973

[3] G. Bataille, “Lascaux o la nascita dell’arte”, Opere complete , 1979, Gallimard.

[4] B. Stiegler, “Exiting the Anthropocene”, Multitudes, numero 60, 2015/03.

[5] Arthur George Tansley (1871-1955) è stato un botanico britannico pioniere dell’ecologia vegetale. Creò il termine ecosistema nel 1935 e quello di ecotopo nel 1939. Fu uno dei fondatori della British Ecological Society e redattore capo per vent’anni del Journal of Ecology .

Autore: Bernard Kalaora è Socio-antropologo, Ricercatore presso l’IIAC (CNRS, EHESS), già presidente dell’associazione LITTOCEAN.

Fonte: AOCMedia