“L’obiettivo del transumanesimo è precisamente quello di sostituire il naturale con il pianificato”[1].
James Hughes
Dalla Prima Rivoluzione Industriale si è arrivati a definire gli sviluppi tecnologici a partire dal XXI secolo come Quarta Rivoluzione Industriale. Sviluppi resi possibili dall’informatica che caratterizzava la Terza Rivoluzione Industriale. A nostro avviso definire gli sviluppi delle tecno-scienze che convergono tra loro come una Quarta Rivoluzione Industriale è alquanto riduttivo. Innanzitutto questa definizione rimanda a un processo prettamente industriale quando le attuali trasformazioni riguardano la vita stessa. Non abbiamo una trasformazione di un sistema di fabbrica che ha poi delle conseguenze sull’intera società, ma abbiamo già dall’inizio un processo che si insinua nella società e nell’esistenza delle persone. Non ci troviamo davanti a sviluppi che semplicemente derivano da precedenti innovazioni tecniche, ma ci troviamo davanti a una precisa idea di essere umano che può concretizzarsi grazie alle tecno-scienze che ora possono estendersi in ogni dimensione penetrando fin dentro ai corpi e ai processi vitali. Anche i progressi ad esempio nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale non derivano da qualche nuova innovazione tecnologica, ma da computer più potenti, algoritmi più efficienti e soprattutto un maggior numero di dati disponibili.
Le tecno-scienze diventano sistema, diventano orizzonte di senso, diventano contesto di esistenza delle persone, diventano inevitabili. Non possono essere considerate come delle tecnologie che si inseriscono in ogni ambito della società lasciando la possibilità o meno di usarle permettendo una dimensione di autonomia rispetto ad esse. Una volta inserite diventano l’ambiente stesso fondendosi con esso, plasmandolo e trasformandolo secondo le loro caratteristiche e secondo l’ideologia transumanista di cui sono portatrici. In questo procedere diventano la nuova normalità plasmando e trasformando lo stesso essere nel mondo, percepirsi nel mondo, stare nel mondo e agire nel mondo. In ultima istanza trasformando l’essere umano.
Si può comprendere come in sé le tecno-scienze non siano neutrali: “ciò che consideriamo la neutralità della tecnica è solo la nostra neutralità rispetto ad essa”[2].
L’infinito dibattito attorno alla loro neutralità e al loro utilizzo positivo o negativo potrebbe concludersi attorno alla semplice considerazione che le conseguenze nefaste non possono essere considerati effetti collaterali: per quanto riguarda le tecnologie di ingegneria genetica e per le nanotecnologie si tratta sempre di disastri annunciati che tra l’altro servono a velocizzare e a normalizzare altri passaggi.
Così come gli scienziati atomici che osservavano i risultati dei loro test sugli abitanti degli atolli di Bikini non avevano sotto gli occhi effetti collaterali, ma il manifestarsi stesso della ricerca nucleare, i ricercatori che sviluppano l’editing genetico con il CRISPR/Cas9 non hanno sotto gli occhi la scomparsa di frammenti di DNA e modificazioni genetiche trasmissibili come effetti indesiderati, ma la possibilità stessa di intervenire sull’evoluzione degli esseri viventi.
Così come un microscopio a effetto tunnel non è un semplice strumento, ma presuppone un mondo in cui la materia è manipolata a scala nanometrica, le tecno-scienze presuppongono un mondo in cui il vivente diventa mera materia da ingegnerizzare e riprogettare, in cui ogni fenomeno è controllato al fine di dirigerne la sua direzione ed evoluzione. Essere umano incluso.
La questione è molto più radicale di un dibattito ridotto e appiattito a utilità, vantaggi, svantaggi, inconvenienti, rischi, pericoli, la riflessione dovrebbe essere portata un po’ più in là, fuori dal loro regno della quantità, dal loro meccanicismo, fuori da calcoli e previsioni per arrivare alla messa in discussione radicale della concezione che vede il vivente come una macchina. In questa concezione ha valore solo quello che può essere misurato e analizzato, ed è questo che diventa il reale. Ma ciò che uscirà da tabelle, schemi, modelli, stabulari, laboratori, provette e vetrini sarà un reale sminuzzato, semplificato, impoverito, degradato. Nulla rispetto all’amore con cui Alfred Russel Wallace osservava l’uccello del Paradiso nella foresta della Nuova Guinea o con cui Jean-Henry Fabre spiava l’andirivieni di uno scarabeo in Provenza. Quel tipo di scienza è scomparsa, proprio perché un Fabre dietro le lusinghe del mondo accademico e delle grandi istituzioni scientifiche faceva proprie le parole di Victor Hugo: ”Odio il puzzo di morte dei laboratori”, riferendosi alla vivisezione sugli animali praticata abbondantemente al suo tempo come ancora oggi.
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Se un essere vivente è concepito come una macchina non si può conoscerlo attraverso la semplice osservazione nel suo ambiente, diviene necessario scomporlo nelle sue parti. ”È in questa luce che si può capire perché gli scienziati pensano che sia possibile imparare di più sulla vita tagliando una rana aperta in un laboratorio che sedendosi vicino a uno stagno osservando rane e pesci, zanzare e ninfee che vivono insieme”[3]. La scienza moderna con il suo approccio quantitativo e utilitaristico aveva già nei suoi presupposti il laboratorio di dissezione e di manipolazione.
Ernst Jünger con estrema lucidità intravide il paradigma del laboratorio:
”nell’impulso museico si dimostra l’elemento morto implicito alla nostra scienza, e cioè a sistemare nell’ambito dell’immobile e dell’invulnerabile ciò che è vivo, e forse anche di formare un enorme catalogo materiale, penosamente ordinato, che dia fedele specchio alla nostra vita”[4] e continuando con le sue riflessioni: ”al poeta si rendono visibili molte più cose che non allo scienziato, […] egli può cogliere nessi d’un ordine diverso. È lui ad additarci i compiti essenziali” e prosegue: ”Chi si propone di descrivere una foresta come artista non può mettersi a discutere con coloro che hanno conoscenze specializzate in fatto di vegetali parassiti, di nidi di talpe, di lotta contro i maggiolini e via dicendo. Egli farà bene a riconoscere già in partenza che tutti costoro hanno ragione, di fronte a lui. Ma ciò non ha nulla a che vedere con la foresta”[5].
Già in questa prima concezione del vivente meccanicistica che poi si fece genetica e informatizzata si presuppone una meccanica sociale, un’ingegneria genetica e sociale, un’algoritmizzazione sociale, la cui razionalità vuole essere totale per una manipolazione e una riprogettazione sistematica di ogni dimensione. Fino alla vita in vitro, sterilizzata da sé stessa. Organizzare scientificamente l’umanità è la legittima pretesa della scienza moderna che si è fatta tecno-scienza, dell’ideologia eugenista e transumanista che dagli albori si pone di generare e guidare l’evoluzione di una nuova umanità e il buon andamento di ogni cosa.
Le tecno-scienze diventano così istanza suprema: tutto deve essere giudicato a partire da esse e, ovviamente, senza mai uscire dal loro paradigma di progresso a tutti i costi perché il progresso non si deve arrestare e bisogna parteciparvi da responsabili co-gestori dei rischi e dei disastri annunciati. L’universo tecnologico diventa l’unico orizzonte di senso, non si può concepire altro e l’unica verità è quella tecnica.
Già negli anni ’50 Jacques Ellul e Bernard Charbonneau avendo ben compreso la direzione del sistema tecno-scientico cercavano di far aprire gli occhi ai più con una forte e lucida critica contro la ”bomba genetica, l’eugenetica scientifica, la fabbricazione dell’uomo da parte dell’uomo”, ”l’uomo-macchina: ‘un uomo di carne che deve essere integrato in questo meccanismo di ferro”, per usare le parole di Charbonneau.
Ellul identificò cinque paradigmi dell’avanzata del sistema tecnico:
”[…] mi sembra di cogliere cinque linee di forza in questa corsa dell’universo tecnico verso l’assurdità. Il primo paradigma è la volontà di standardizzare tutto, tendenza antica ma che era solo una tendenza […] il secondo è l’ossessione del cambiamento ad ogni costo, è la forma popolare assunta dal mito del progresso […] il terzo è la crescita ad ogni costo […] il quarto è fare sempre più velocemente […] e infine il quinto è il rifiuto di ogni giudizio su ciò che è operato dalle tecniche”[6].
”Bisogna considerare la globalità dell’essere umano? Oppure bisogna concepirlo come un insieme di pezzi separati, una meccanica composta da molteplici ingranaggi che si possono staccare, trasferire, ricomporre in altro modo…?” si chiedeva Ellul, così rispondendo: ”Perché è proprio di ciò che si tratta in tutte queste operazioni dell’ingegneria genetica: della negazione implicita dell’uomo come persona, per considerarlo come un automa, un robot al quale si preleva, si innesta, si sostituisce un pezzo”[7].
Il movimento transumanista sorge negli stati Uniti, nella Silicon Valley, alla fine degli anni ’80, ma facciamo qualche passo indietro nella storia per comprendere questa ideologia e per rintracciarne l’origine. Andiamo al lontano 1883, quando Francis Galton utilizza per la prima volta il termine eugenetica raccomandando una ”forma dolce di eugenismo”. Il transumanesimo è eugenetica, la selezione dell’umano. L’eugenetica nel corso del tempo ha assunto forme e linguaggi diversi, ma rimanendo immutata nei suoi principi di selezione dell’umano.
Negli anni ’20 fu coniato il termine ectogenesi dal ricercatore genetista e biologo J.B.S. Haldane per indicare lo sviluppo di un nuovo essere fuori dal corpo materno. Haldane considerava l’ectogenesi ”un’importante opportunità di ingegneria sociale” inscritta in una società eugenetica laddove una separazione completa della procreazione dal sesso avrebbe portato a una ”liberazione dell’umanità in un senso completamente nuovo”[8]. Haldane era interessato a comprendere l’origine della vita al fine di indirizzarne lo sviluppo. Il suo scopo e quello della cricca di scienziati che ben rappresentava era sintetizzare creature viventi nei laboratori di biochimica, aspirazione che, negli anni a seguire, prenderà forma nei laboratori di biologia sintetica e di ingegneria genetica.
L’ossessione per la creazione della vita traspare fin dall’origine di queste ricerche, dalle parole del ricercatore biologo Jacques Loeb: ”Volevo prendere in mano la vita e giocare con essa. Volevo manipolarla nel mio laboratorio come qualsiasi altra reazione chimica, darle inizio, fermarla, studiarla in qualsiasi condizione, dirigerla a mio piacimento”[9] e nel suo libro La meccanica della vita, che già dal titolo rappresenta la concezione meccanicista del vivente, leggiamo: ”La nostra vita sociale ed etica dovrà ricevere una base scientifica e le nostre regole di condotta dovranno essere armonizzate con i risultati della biologia scientifica”.
Haldane insieme Julian Huxley promosse con forza ”un’eugenetica positiva”. Il controllo della riproduzione umana, il depopolamento, il controllo e gestione dei popoli sono da sempre le ossessioni e gli scopi che hanno unito i potenti di sempre. Se pensiamo al club in Inghilterra dei coniugi Webb della Fabian Society riuniva eugenisti, tecnocrati e transumanisti, sia socialisti riformatori, sia conservatori di destra, in disaccordo su tante questioni di natura politica, ma in perfetto accordo sui fondamentali.
Arriviamo al 1957 quando Julian Huxley e Theilard de Chardin coniano il termine transumanesimo per descrivere il credo nella possibilità di trascendenza del genere umano. Un nuovo termine da utilizzare al posto di eugenetica, termine che ormai aveva una cattiva reputazione, ma è sufficiente leggere il documento del 1946 ”UNESCO: scopi e filosofia dell’organizzazione” redatto da Julian Huxley, primo direttore generale di questa organizzazione, per comprendere che l’eugenetica non era mai scomparsa: ”Con la sua filosofia e l’insieme del bagaglio culturale ed ideologico e con i suoi larghi propositi, l’organizzazione vuole aiutare l’emergere di una generale ed unica cultura mondiale. […] Per il momento, è probabile che gli effetti indiretti della civilizzazione siano disgenici invece che eugenici; e in ogni caso sembra verosimile che i pesi morti della stupidità genetica, della debolezza fisica, dell’instabilità mentale e delle inclinazioni alla malattia, che già sono presenti nella specie umana, risulteranno ulteriori fardelli per il reale progresso che si vuole conseguire. Quindi, anche se risulta del tutto vero che qualsiasi politica radicalmente eugenetica per molti anni sarà politicamente e psicologicamente impossibile, diverrà importante per l’Unesco vedere che il problema eugenetico venga preso in considerazione con la più grande cura, e che il pensiero della pubblica opinione venga informato delle problematiche in gioco, in modo che quello che ora può risultare impensabile possa almeno divenire pensabile… Quello dell’eugenetica è ancora un altro e del tutto diverso tipo di argomento al limite, al confine fra lo scientifico e il non scientifico, costantemente in pericolo di venire considerato una pseudo scienza che si fonda su idee politiche preconcette o su assunti di superiorità e inferiorità razziale o di classe. Tuttavia, è essenziale che l’eugenetica debba essere portata del tutto all’interno dei confini della scienza in quanto, come già indicato, in un futuro non molto lontano il problema di assicurare una posizione sociale media agli esseri umani diventa con tutta probabilità urgente; e questo può essere realizzato solo applicando le scoperte di un’eugenetica certamente scientifica. […] le applicazioni della genetica nel campo dell’eugenetica immediatamente sollevano la questione dei valori – quali caratteristiche e qualità dovremmo desiderare di favorire negli esseri umani del futuro? […] allo scopo di portare avanti il suo lavoro, un’organizzazione come l’Unesco ha bisogno non solo di un insieme di propositi e obiettivi per se stessa, ma anche di una filosofia operante, di un’ipotesi operante con riferimento all’esistenza dell’uomo e ai suoi propositi e obiettivi, ipotesi che detterà, o almeno indicherà, una linea ben definita per affrontare questi problemi”.
Ben prima della Germania nazista, tra il 1905 e il 1972, gli USA effettuarono un immenso programma di sterilizzazione forzata per disabili, pazienti psichiatrici, ciechi, sordi, carcerati, senza tetto, lebbrosi, sifilitici, tubercolotici. I ricercatori eugenisti con i finanziamenti della Fondazione Rockefeller e di altri filantropi americani, promossero una legislazione eugenetica in più di ventisette Stati degli Stati Uniti, con sterilizzazioni forzate per ”inferiori deficienti mentali”, tanto che fino agli anni ’60, quando la maggior parte di queste leggi cominciava ad essere abrogata, più di 60.000 persone erano state sterilizzate per scopi eugenetici.
Hitler si ispirò ad un famoso biologo americano, uno dei fautori della campagna di sterilizzazione, per i suoi programmi razziali di sterminio ed è stato un fisiologo nazista il primo ad aver avuto l’idea che si potesse rimuovere il nucleo da un ovulo e successivamente introdurvi il nucleo di un altro ovulo, inventando così il concetto di “madre-portatrice”.
L’Istituto Kaiser Wilhelm per l’antropologia, il patrimonio umano e l’eugenetica – poi rinominato Max Planck Institutes – fu fondato a Berlino nel 1927 grazie anche ai finanziamenti della Fondazione Rockefeller interessata alle ricerche sui gemelli condotte da Von Verschuer, direttore dell’Istituto, eugenista, pioniere nelle ricerche genetiche per lo studio dell’ereditarietà, sostenitore dei programmi di sterilizzazione forzata. Al suo fianco, come assistente troviamo Josef Mengele. Dopo la guerra Von Verschuer insegnò genetica umana all’università di Münster e divenne membro dell’American Eugenetics Society. Se gli atroci esperimenti durante il nazismo nei lager sono oggi riconosciuti e ricordati, si tende invece a dimenticare il ruolo che hanno avuto rinomate cliniche e centri di ricerca che hanno continuato a portare avanti anche a fine guerra gli stessi principi eugenetici, spesso con gli stessi scienziati, quest’ultimi a quanto pare poterono godere di una strana immunità, che li differenziava dagli altri criminali di guerra. Evidentemente agli occhi del mondo della ricerca scientifica non erano così criminali.
L’American Eugenics Society negli anni ’60 iniziò a interessarsi agli sviluppi della genetica e divenne così la Società per lo studio della biologia sociale (Society for the Study of Social Biology) dichiarando che il cambio di denominazione non rappresentava un cambio di politica, bensì la volontà di porre enfasi sugli studi degli aspetti biologici, sociali e medici che modellano l’evoluzione umana, condotti al fine di intervenire su di essa.
Giungendo al paradigma cibernetico e allo sviluppo dell’ingegneria genetica e della biologia sintetica e possiamo comprendere che il transumanesimo è sia l’approdo dello sviluppo tecno-scientifico e della convergenza tra biotecnologie, nanotecnologie, informatica, neuroscienze sia l’ideologia che lo sottende.
La nanotecnologia che arriva ai livelli più profondi della struttura del mondo e la biotecnologia che arriva ai livelli più profondi del vivente portano a una sostanziale trasformazione. Se prima i manufatti erano costruiti a partire da elementi naturali senza poter prescindere dai loro limiti, con la modificazione a livello atomico della materia gli stessi elementi naturali vengono ricostruiti per superare questi limiti o per far loro assumere nuove caratteristiche. Il mondo naturale diventa così una categoria artificiale e la fabbricazione molecolare porta un’idea completamente diversa di cosa è da considerare un limite materiale e la nanotecnologia permette di inserirsi nella natura stessa della materia. Parallelamente le biotecnologie aprono alla possibilità di intervenire sui processi vitali con modificazioni genetiche e con bricolage genetici.
I transumanisti sono i fautori di quella che definiscono ”evoluzione autodiretta consapevole”: prendere in mano il destino di specie con lo sviluppo delle biotecnologie, delle nanotecnologie, delle scienze cognitive e dell’Intelligenza artificiale, dando una precisa direzione al percorso di evoluzione della specie umana e dell’intero vivente.
“L’idea di specie fissa diventa problematica e il criterio di riproduzione perde di senso. […] Più le nostre tecnologie saranno potenti e accessibili, più la nostra finalità sarà quella di definire noi stessi. Di conseguenza, i gruppi umani si distingueranno secondo i valori che guideranno le loro scelte nel modo di usare questi nuovi poteri per determinare la loro morfologia e il loro destino”[10] afferma Nick Bostrom. L’idea è che le caratteristiche fisiche e cognitive e lo stesso il genoma possano e debbano essere messi in discussione, sia in termini filosofici, sia in termini operativi e non solamente per effettuare qualche modificazione, ma per ridefinire completamente e radicalmente il design dell’umano e il concetto stesso di essere umano. Una concezione essenzialmente antropotecnica in cui l’essere umano è indeterminato e si co-costruisce con la tecnologia, un’indeterminazione che è ibridazione tecnica, in cui la natura stessa dell’uomo, la sua esistenza biologica, è tecnologica.
In questa ideologia il corpo diventa un intralcio, un limite da superare, ottimizzare, performare, implementare in un processo che non avrà mai fine. Il corpo diventa una piattaforma hacherabile e le tecno-scienze, che possono offrire molteplici e ricombinabili possibilità, sono considerate come liberatorie, curioso sottolineare che questa concezione la troviamo sia nel mondo della ricerca biotecnologica sia nel mondo accademico delle teoriche transfemministe cyborg. Una presunta liberazione dai vincoli naturali per una sottomissione volontaria ai vincoli tecnologici.
Direttamente dal mondo transumanista in arrivo la ”libertà morfologica”: il diritto di modificare se stessi in accordo ai propri desideri che Nick Bostrom la definisce come ”il diritto civile di una persona a mantenere o modificare il proprio corpo secondo la propria volontà, attraverso il ricorso informato e consensuale alle, o il rifiuto delle, tecnologie mediche terapeutiche o potenzianti disponibili”[11].
L’ideologia gender nella sua opera demolitoria di significati prepara la strada alla normalizzazione dell’alterazione della biologia umana e all’ingegneria genetica[12]. Da Martine Rothblatt leggiamo: ”Garantire l’uso etico delle biotecnologie sarà una preoccupazione tanto grande per i transumanisti quanto per i difensori della libertà di genere”. L’essere umano è così pronto per diventare un cantiere permanente, uno smontaggio e rimontaggio infinito, un essere umano neutro reso sterile pronto per i laboratori della riproduzione artificiale. Una mutazione permanente in cui tutto deve essere interscambiabile e mutevole per diventare artificiale.
Il transumanesimo è un profondo attacco alle radici sessuate, alla dimensione della procreazione e alla stessa realtà. Noi nasciamo con un sesso, il sesso non è assegnato alla nascita, per questo è fondamentale cancellare questo legame con la vita e con la realtà, questo nostro primo riconoscimento nel mondo, di noi stessi e degli altri. Il significato di maschio e femmina svanisce, diventano mere sensazioni soggettive, non più la realtà dei corpi e il desiderio soggettivo diventa più vero della realtà oggettiva. La dissociazione con il proprio corpo sessuato porta a una dissociazione con la realtà e abitua la mente a subire qualsiasi tipo di menzogna[13].
La Procreazione medicalmente assistita (PMA) è uno dei cavalli di troia del transumanesimo perché crea quel contesto in cui la riproduzione artificiale diventerà il normale modo di venire al mondo.
È un processo che non avrà limiti dal momento in cui quando si accetta la logica della riproduzione artificiale la diretta conseguenza è la continua ottimizzazione e implementazione di tutto il processo: l’embrione diventa un prodotto e ciò che è un prodotto può essere sottoposto a ogni selezione, modificazione, sperimentazione. L’ambiente laboratorio trasforma il processo della nascita in un’operazione tecnica e con la riproduzione artificiale si trasforma come veniamo al mondo.
L’eugenetica, motore e la direzione delle ricerche genetiche, è sempre stata presente anche fin dall’origine delle tecnologie di riproduzione artificiale, nel loro sviluppo zootecnico e nel passaggio all’uomo. Richard Edward, artefice della nascita di Louise Brown, prima bambina in provetta, fin dagli anni ’80 affermava che quando sarà tecnicamente possibile sarà legittimo modificare geneticamente la specie umana. Al momento ancora non abbiamo bambini modificati geneticamente, ma nel 2018 il Comitato Bioetico Britannico dichiarava che ”La modifica del DNA di un embrione per influenzare le caratteristiche di una persona futura [modificazioni genetiche ereditarie, N.d.A.] potrebbe essere moralmente ammissibile e la soglia delle bambine editate in Cina è stata superata, ed è una soglia da cui nessuno può pensare di tornare indietro. Nel mentre viene instillato il pensiero che è preferibile e più sicuro consegnare la procreazione in mano ai tecnici. La procreazione naturale diventerà in un primo momento qualcosa di irresponsabile, di poco sicuro, poco igienico, non abbastanza sottoponibile ai controlli tecno-medici algoritmici, in un secondo momento diventerà criminale continuare a voler procreare senza selezionare gameti ed embrioni. La riproduzione artificiale diventerà un ”dovere morale”[14].
Il cosiddetto diritto a un figlio delle persone con sterilità o infertilità da cause organiche o nella maggior parte da cause ambientali, il cosiddetto diritto a un figlio delle coppie dello stesso sesso e delle donne sole e il problema della denatalità servono come pretesto alla normalizzazione delle tecniche di fecondazione assistita[15].
L’essere umano del transumanesimo sarà un umano biomedicalizzato che dovrà corrispondere a dei criteri di perfettibilità continuamente aggiornati per un continuo adattamento a un mondo macchina. Un’adattabilità tecno-scientifica che diventerà l’unica possibilità. Il principio del paradigma cibernetico per cui ”abbiamo sempre modificato l’ambiente in cui viviamo in modo così radicale che ora siamo costretti a modificare noi stessi”[16] prende concretamente e drammaticamente forma.
Un’analisi figlia della miopia che l’ha generata continua a pensare i prossimi sviluppi tecnologici come accessibili esclusivamente ai ricchi, dove questi andrebbero a creare una divisione della società tra super ricchi implementati e super poveri. Sicuramente si creerà un divario, anzi, lo si consoliderà, ma non sarà una questione di classe, ma tra chi accetterà di inocularsi, di sottoporsi a terapie geniche preventive, di ricorrere alle cliniche di fecondazione assistita, di impiantasi un microchip sotto pelle e chi non accetterà tutto questo. Solo in un primo momento alcuni sviluppi tecnologici avranno un alto costo, lo scopo è che tutti vi possano accedere e che desiderino accedervi, lo scopo è diffondere queste tecnologie che dovranno universalizzarsi e diventare la normalità. Il mondo progressista e di sinistra è già pronto a dar battaglia per l’uguaglianza nella sottomissione al dominio tecno-scientifico e per la povertà ci penserà il giogo del reddito universale.
È fondamentale comprendere che i transumanisti non sono alcuni marginali folli fanatici della tecnologia influenzati dalla fantascienza, ma sono fondatori, finanziatori, dirigenti di numerose fondazioni, istituti, startup, progetti di ricerca e aziende di importanza internazionale. Forniscono consulenze a settori della difesa, della sicurezza, della biomedicina, hanno il potere di dirigere le ricerche di punta che si realizzano all’interno dei tecnopoli, le politiche dei governi, degli organismi e delle organizzazioni internazionali. Costoro sono in grado di mettere in campo fortissime pressioni politiche e notevoli mezzi per spostare equilibri e ricerche di punta, fino ad arrivare a promuovere determinati paradigmi, supportati da loro stessi, reinventando a loro beneficio anche la bioetica.
Natascha e Max Moore, Nick Bostrom, David Pearce, James J. Hughes, Hans Moravec, Ray Kurzweill, per citare solo i nomi più conosciuti, sono i fondatori dell’associazione transumanista mondiale, oggi nota con il nome di Humanity+. Questa ideologia non è sempre immediatamente riconoscibile, ha la caratteristica di essere fluida adattandosi a molteplici contesti anche in apparenza in contrasto tra loro, così abbiamo un transumanesimo dal volto glitterato progressista dei diritti LGBTQ+ e un transumanesimo che penetra in ambienti conservatori che si fa paladino ad esempio della lotta alla denatalità, ma ovviamente offrendo come (falsa) soluzione le tecniche di riproduzione artificiale.
Per evitare il rischio che il transumanesimo sia ridotto a una tendenza di alcuni eccentrici ricercatori, di filosofi che confondono la realtà con i propri sogni, non bisogna porre l’attenzione su quello che ancora non c’è. Se si tratta di nanotecnologie non bisogna concentrarsi sul rischio della catastrofe del “Gray goo” – la replicazione incontrollata di nanorobot – e allo stesso modo, se si tratta di transumanesimo, non bisogna concentrarsi sui progetti di crioconservazione del cervello o sulla trasposizione del cervello in un computer, ma su quello che è già presente. L’ideologia transumanista – superamento dei limiti, implementazione dell’essere umano, riprogettazione e artificializzazione del vivente – non è una mera speculazione astratta, ma si è già concretizzata in chimere transgeniche, procreazione medicalmente assistita, editing genetico, organismi geneticamente modificati, tecnologie di ingegneria genetica in ambito medico, impianti cerebrali, nuovi apparati della smart city… La sperimentazione e diffusione di massa dei sieri genici nanotecnologici a mRNA per il Covid e lo sviluppo dei nuovi sieri a mRNA autoreplicante hanno superato ogni nostra previsione. A tutto questo serviva una rete in grado di scandire il nuovo tempo, di connettere quello che prima era isolato, di mettere insieme e in simultanea ciò che ancora non comunicava, di mettere in relazione costante corpi e macchine: la rete 5G e la prossima 6G.
[1]James Hughes, Democratic transhumanism 2.0, 2002.
[2]Jean Bernard-Maugiron, Bernard Charbonneau & Jacques Ellul, Deux libertaires gascons unis par une pensée commune, LesAmis de Barteby, 2017.
[3] Wolfi Landstreicher, A Balanced Account of the World: A Critical Look at the Scientific World View, trad.it., Un resoconto equilibrato del mondo: uno sguardo critico alla visione del mondo scientifico, in L‘Urlo della Terra, n.7, Luglio 2019.
[4] Ernst Jünger, Auf den Marmorklippen, 1939, trad. it., Sulle scogliere di marmo, Mondadori, 1945.
[5] Ernst Jünger, An der Zeitmauer, 1959 trad. it., Al muro del tempo, Volpe, 1969.
[6]Jacques Ellul, Le Bluff technologique, Hachette, 1988.
[7]Jacques Ellu, op. cit.
[8]J.B.S. Haldane, Daedalus, or Science and the Future, Cambridge, 1923.
[9] Jenny Kleeman, Sex Robots & Vegan Meat, 2020, trad. it., Sesso androdi e carne vegana, Il Saggiatore, 2021.
[10] Nick Bostrom, Superintelligenza, Bollati e Boringhieri, 2018.
[11] Nick Bostrom, In Defense of Posthuman Dignity, in Bioethics, XIX, 2005
[12] Per approfondimenti: Silvia Guerini, Dal corpo neutro al cyborg postumano. Riflessioni critiche all’ideologia gender, Asterios Editore, seconda edizione 2023; Il Mondo Nuovo 2.0, canale youtube di Elisa Boscarol.
[13]Silvia Guerini, Dalla negazione del trascendente all’umanità cibernetica e transumana, in L’Urlo della Terra, n. 12, Luglio 2024, https://www.resistenzealnanomondo.org/necrotecnologie/dalla-negazione-del-trascendente-allumanita-cibernetica-e-transumana-silvia-guerini/, consultato il 24/10/2024, h. 19.47
[14]Per approfondimenti: A.A. V.V., Silvia Guerini, Costantino Ragusa (a cura di), I figli della macchina. Biotecnologie, riproduzione artificiale ed eugenetica, Asterios Editore, 2023.
[15]Silvia Guerini, Verso la riproduzione artificiale per tutti. Nuove linee guida per l‘accesso alle tecniche di fecondazione assistita in Italia, in https://www.resistenzealnanomondo.org/necrotecnologie/verso-la-riproduzione-artificiale-per-tutti-nuove-linee-guida-per-laccesso-alle-tecniche-di-fecondazione-assistita-in-italia/, consultato il 24/10/2024, h. 19.23
[16]Norbert Wiener, Cybernetics: O Control and Communication in the Animal and the Machine, MIT Press, 1948.