“L’essere umano vive in città, mangia senza fame e beve senza sete, si stanca senza che il corpo fatichi, rincorre il proprio tempo senza raggiungerlo mai. È un essere imprigionato, una prigione senza confini da cui è quasi impossibile fuggire. Alcuni esseri umani, però, a volte hanno bisogno di riprendersi le proprie vite, di ritrovare una strada maestra. Non tutti ci provano, in pochi ci riescono”.
Tra libri, giornali e social network avrò letto queste parole di Walter Bonatti centinaia di volte. Eppure ogni volta mi galvanizzano – “Bravo Bonatti, è proprio così!” – e allo stesso tempo mi turbano, perché io stesso mi scopro imprigionato in una prigione senza confini.
È difficile trovare una strada maestra nella società dell’eccesso, dove si viene perennemente condizionati da un’impostazione economica che esorta a “mangiare senza fame” e a “bere senza sete”, infischiandosene delle ripercussioni ambientali e climatiche.
Certo, è vero: non tutti provano a cambiare rotta e in pochi ci riescono. Ma questo, a mio parere, è solo in parte causato da una mancanza di volontà. Se nasci, cresci e ti formi in un contesto imperniato sullo spreco, un contesto che educa a consumare senza porsi dei limiti, è molto difficile rinnovare i propri comportamenti, perché vorrebbe dire uscire da una presunta normalità.
Solo attraverso una rivoluzione culturale, solo passando da una società dell’addizione a una società della sottrazione, possiamo avere qualche speranza. Ma sono auspici esterni rispetto all’odierno e presunto ordine delle cose, perciò voleranno via, insieme al vento, come le foglie di un autunno ormai giunto al termine.
La coerenza è quindi un’utopia in una realtà sociale ancora saldamente strutturata su un modello teso al consumo. È invece importante iniziare a riflettere sulle contraddizioni: prenderne consapevolezza credo sia il primo passo per lavorarci; per provare a renderle meno marcate.
Per questo motivo è oggi fondamentale supportare quelle realtà capaci di strutturare iniziative concrete a partire dal carattere complesso dei nostri territori.
Gli Stati Generali dell’Azione per il clima è una di queste, e sabato scorso ha presentato un documento (ne abbiamo parlato QUI) dove vengono elencate 33 proposte molto concrete che mirano a porre le basi per avviare la transizione ecologica in Italia entro il 2030. Sebbene molte di queste siano di portata nazionale, alcune si rivolgono anche ai territori montani. E lo fanno con un approccio che, come L’AltraMontagna, appoggiamo da sempre (QUI il nostro manifesto): considerare chi abita le montagne protagonista della transizione ecologica, anche attraverso le attività economiche che svolge, perché possono avere un ruolo nella cura del territorio e del paesaggio.
Oggi celebriamo la Giornata Internazionale della Montagna appoggiando questa importante iniziativa, nella convinzione che i rilievi, per chi li frequenta in modo discontinuo, non debbano essere intesi solo come degli spazi salvifici, dove rifugiarsi per allontanarsi temporaneamente dalla realtà di tutti i giorni.
Lo sosteneva lo stesso Bonatti:
“C’è chi, per ignavia, non sa vedere nell’alpinismo che un mezzo per fuggire la realtà dei giorni nostri. Ma non è giusto. Non escludo che in chi lo pratica possa manifestarsi temporaneamente una qualche componente di fuga, questa però non dovrà prevaricare mai la ragione di base, che non è quella di fuggire, ma di raggiungere”.
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Autore: Pietro Lacasella, antropologo e scrittore-blogger interessato ai contesti alpini. Nel 2020 inizia a curare il blog Alto-Rilievo / voci di montagna. Ha lavorato per il Centro Internazionale Civiltà dell’Acqua. Ha riorganizzato e curato i contenuti della testata online del Club alpino italiano Lo Scarpone. Oggi collabora con Il Dolomiti curando il quotidiano online L’AltraMontagna. Ha pubblicato Sottocorteccia, un saggio-diario sull’emergenza bostrico scritto a quattro mani con Luigi Torreggiani. Ha curato Scivolone olimpico, un volume sulla vicenda della pista da bob in programma di realizzazione a Cortina.
Fonte: https://www.ildolomiti.it/altra-montagna