Ora che gli Stati Uniti hanno raggiunto buona parte dei loro obiettivi in Medio Oriente, hanno modo di dedicarsi agli altri continenti. Ora nessuno può dubitare che l’Occidente abbia creato e finanziato gruppi terroristici come Al Qaeda. È evidente che tra gli obiettivi primari del capitalismo c’è la distruzione degli Stati-nazione, perché nelle situazioni caotiche si accumula di più e meglio. Ora dobbiamo guardare al nostro continente (America latina, ndr) per riflettere su ciò che ci aspetta nei prossimi anni.
Stiamo anche imparando che i cosiddetti “geopolitici” non sono altro che dei propagandisti, salvo alcune eccezioni, che si limitano a nascondere gli obiettivi dei poteri per i quali lavorano. Questo ci obbliga a pensare con la nostra testa, ma con i piedi ben piantati nella terra e nei territori del nostro popolo. Prendere in prestito idee è un pessimo modo per guidarci nella tempesta.
Credo che il Medio Oriente – così come la Libia, lo Yemen e molti altri paesi distrutti dall’intervento “umanitario” degli imperi – possano fungere da specchio per pensare al futuro. Non perché subiremo esattamente lo stesso destino, ma per trarre lezioni che ci permettano di anticipare ciò che il capitalismo ha pianificato per le nostre geografie.
La prima lezione è che cercano la distruzione degli Stati-nazione, creazione neocoloniale delle borghesie creole per continuare a opprimere i settori popolari quando le metropoli europee non potrebbero più continuare a farlo. Abbiamo un esempio molto vicino: l’Ecuador. Era uno dei paesi meno turbolenti e più pacifici della regione. In pochi anni è diventato un inferno per quelli che vivono in basso. Non appena il sole tramonta, la popolazione si chiude nelle proprie case senza elettricità e con poca acqua, perché uscire è pericoloso. La protesta sociale viene messa a tacere e la militarizzazione è diventata la norma.
Dobbiamo sapere come hanno fatto. Compreso il ruolo abominevole dei media, capaci di trasformare un terrorista, per la cui testa gli Stati Uniti hanno offerto 10 milioni di dollari, in un “ribelle moderato” o un vero democratico.
La seconda è che il capitale e i suoi ausiliari (dal Pentagono e dai governi, alla presunta criminalità organizzata), cooperano per raggiungere i propri obiettivi. È evidente che non li annunciano né proclamano. Nessuno dice “Distruggerò il tuo paese”. Nascondono i loro piani per realizzarli meglio. Ecco perché dobbiamo interpretare le loro intenzioni in base alle tendenze che possiamo osservare. Continuo a pensare alle presentazioni dell’EZLN al seminario: “Il pensiero critico nel maggio 2015 di fronte all’idra capitalista”, e la tesi del subcomandante Marcos “Quali sono le caratteristiche fondamentali della Quarta Guerra Mondiale?”, sono tasselli centrali per comprendere questo mondo.
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La terza è che, nell’immediato futuro, l’obiettivo principale del capitalismo statunitense in America latina è di fermare e invertire la presenza della Cina, per impedirle di accedere ai beni comuni del continente. Cerca di invertire la presenza della Cina nella regione, come testimonia la recente inaugurazione del porto di Chancay in Perù. Proprio come in Medio Oriente, sono disposti a saltare qualsiasi ostacolo legale o umanitario.