Quando gli Stati Uniti occuparono la Groenlandia
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Dal tardo Medioevo, dopo la fine dell’era vichinga, il cristianesimo e la creazione di regni territoriali, i danesi poterono espandere la loro influenza in Scandinavia. La cosiddetta Unione di Kalmar pose per secoli la Norvegia e la Svezia sotto la corona danese (1397-1523). Nel XVI secolo Gustav Vasa guidò la ribellione svedese contro i danesi e fondò uno stato indipendente, che ebbe un ruolo importante in Europa per duecento anni. La Norvegia rimase sotto i danesi, e con essa le terre artiche che i norvegesi avevano colonizzato nel Medioevo: l’Islanda, che fu colonizzata nell’874, e la Groenlandia, che Eric il Rosso colonizzò nel 986. Dalla Groenlandia iniziò il figlio di Leif Erikson a scoprire l’America.
Nel 1814, durante le guerre napoleoniche, la Danimarca perse anche la Norvegia, che cadde sotto la corona svedese finché non fu dichiarata regno indipendente nel 1905. Ai danesi, un tempo regni marittimi con piccole colonie nei Caraibi, Africa e India, rimasero l’Islanda e Groenlandia. Nel 1918 l’Islanda fu dichiarata regno separato, ma sotto lo stesso re della Danimarca. La Groenlandia rimase una colonia danese estremamente scarsamente popolata.
Nell’aprile del 1940, la Danimarca fu invasa dai tedeschi, in una guerra lampo che durò poche ore, dopo alcune scaramucce. Ciò lasciò l’Islanda e la Groenlandia come territori “vaganti”, che se occupati dalla Germania le avrebbero dato il controllo completo dell’Artico e avrebbero circondato la Gran Bretagna. Londra non perse tempo e, poiché il governo locale insisteva sulla sua neutralità, a maggio migliaia di truppe britanniche sbarcarono in Islanda e la occuparono. Gli islandesi non hanno opposto resistenza. Negli anni successivi gli inglesi e poi gli americani avrebbero governato l’Islanda e ne avrebbero fatto un’importantissima base navale e aerea.
Gli Alleati portarono avanti massicci progetti infrastrutturali per sostenere lo sforzo bellico, compreso l’aeroporto nella capitale Reykjavík. Anche il Canada partecipò come potenza occupante, mentre nel giugno 1941 la Gran Bretagna cedette l’isola agli Stati Uniti, in particolare prima che Washington entrasse in guerra. Tre anni dopo, il 7 giugno 1944, l’Islanda fu dichiarata repubblica sovrana e completamente indipendente dalla Danimarca. Le truppe statunitensi si ritirarono dal paese in base ad un accordo nel 1948, ma mantennero una base militare fino al 2006. L’Islanda rimane membro della NATO.
Più a nord, in Groenlandia, la situazione era più complicata. Anche lì Gran Bretagna e Canada pianificarono un’invasione, ma gli USA intervennero e chiesero che la regione fosse considerata autonoma in quanto, geofisicamente appartenente al continente americano era coperta dalla Dottrina Monroe, con la quale Washington vietava qualsiasi intervento europeo sul suolo americano.
Le autorità locali temevano ancora che il vuoto di potere sarebbe stato sfruttato dalle truppe norvegesi in esilio che combattevano con gli alleati, poiché il paese scandinavo aveva fatto ricorso a un tribunale internazionale nel 1933 e aveva rivendicato la Groenlandia ai danesi. Nell’aprile 1941 iniziò il processo per la creazione di basi americane e britanniche, che si intensificò negli anni successivi. I tedeschi tentarono, e in alcuni casi ci riuscirono, di allestire stazioni meteorologiche in zone isolate della Groenlandia sotto il naso degli Alleati. Nel 1945 l’amministrazione della Groenlandia fu nuovamente affidata alla Danimarca liberata.
Ma che senso aveva tanto impegno per garantire la presenza americana nel nord ghiacciato, inospitale e disabitato, dove l’oscurità polare, il freddo e il maltempo rendevano molto difficili i rifornimenti e le operazioni aeronautiche? L’Oceano Atlantico settentrionale fungeva da grande arteria di rifornimento che partiva dagli Stati Uniti, si fermava in Gran Bretagna e proseguiva, a nord della Norvegia, fino al porto russo di Murmansk, dove venivano scaricate favolose quantità di carburante, cibo, armi e munizioni per i belligeranti sovietici.
Mappa russa con il percorso dei convogli artici
Gli U-Boot tedeschi si nascondevano nei loro nidi nei fiordi norvegesi, infliggendo spaventose perdite alle navi da guerra e mercantili alleate. Vi erano di stanza anche le grandi navi di superficie tedesche, l’incrociatore pesante Scharnhorst e la corazzata Tirpitz, che non videro molta azione operativa, ma la loro sola presenza costrinse la Royal Navy britannica a impegnare molte e potenti unità per scortare i convogli. L’Islanda e la Groenlandia fungevano da basi per bombardieri, idrovolanti e tutti i tipi di navi e aerei che cercavano di proteggere i rifornimenti navali. Molti marinai greci presero parte al rifornimento della Russia attraverso l’Artico, e molti morirono nelle sue acque gelide e senza sole. Una delle battaglie navali più famose della Seconda Guerra Mondiale, in cui la corazzata tedesca Bismarck (sorella di Tirpitz) affondò l’incrociatore britannico HMS Hood, ebbe luogo nello “Stretto di Danimarca”, cioè tra la Groenlandia e l’Islanda (24 maggio 1941).
Durante la Guerra Fredda il Nord Atlantico e l’Artico divennero il teatro della guerra sottomarina non dichiarata tra USA e URSS. Gli americani mantengono ancora una base aerospaziale a “Thuli” nella Groenlandia nordoccidentale. Con l’aggravarsi della nuova Guerra Fredda e lo scioglimento dei ghiacci che renderà la navigazione nell’Artico più favorevole, la competizione tra Stati Uniti, Russia e Cina per il controllo dei mari della regione e delle ricchezze sottomarine si intensificherà.
La retorica di Trump può essere rozza e pomposa, ma esprime preoccupazioni più profonde e serie riguardo agli interessi americani. Le vaste e inospitali, ma bellissime e naturalmente quasi incontaminate aree del nord artico, della Groenlandia, del Canada settentrionale e delle coste siberiane, diventeranno nei prossimi anni un campo di intenso confronto tra le ambizioni politiche ed economiche delle grandi potenze. Stiamo a vedere.
Autore: Marios Novakopoulos si è laureato all’Università del Panteion (Atene) in Relazioni Internazionali. Ha anche conseguito un master in Storia bizantina presso l’Università di Atene.
Fonte: SLPress
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