Attenzione a non confondere le parole del cantautore genovese, con l’atteggiamento dei pretoriani del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, detta Giorgia, forse dal verbo “dettare”. Da quando “In nome del popolo italiano” – quella scritta pleonastica campeggia nelle aule di tribunale (ma non si sa ancora per quanto tempo) – cioè con il 24% dei votanti italiani, da un anno e mezzo al governo del Paese dei fu Santi, inventori e navigatori con l’aggiunta di qualche eroe riemerso (in sceneggiatati Rai, mostre e francobolli) dai bei tempi che furono. Ecco la grande riforma in essere: il Premierato. Ma poiché è ancora fumosa (salvo nelle intenzioni) e poco comprensibile agli elettori, così la grande intuizione degli spin doctor: sovrapporre l’eventuale Referendum con lo spettacolo di maggior cultura popolare che tutti amano e seguono, il festival della canzone di Sanremo. L’ex direttore artistico Giammarco Mazzi con un giro di telefonate organizza un convegno costituzionale con Iva Zanicchi, Amedeo Minghi, Pupo. Ospitate dal mondo dello sport e del cinema: Filippo Magnini, Claudia Gerini, Michele Placido. Presentatore in pectore Massimo Giletti. Mancano i comici, quelli si troveranno al momento che so: un Pippo Franco, un Montesano, il pierino Alvaro Vitali s’ingaggiano con poco più di una porchetta. Le prove sono previste tra qualche mese al Bagaglino.
Dell’atmosfera e dei personaggi in evoluzione del “Bar sport” ci aveva raccontato tutto lo scrittore Bolognese Stefano Benni in due volumi dagli anni Settanta al 2000, ma nessuno ne aveva ancora registrato né l’ideologia né le fissazioni o le sintesi politico sociali. Ebbene, ci ha pensato un generale dell’esercito in una silloge in due volumetti andati a ruba, perché al bar si può dichiarare di aver preso due paste… e di averne invece mangiate tre. Eppure, ci sono regole ferree, quasi militari: al primo bicchiere l’argomento è lo sport con le scommesse sulle partite (risultati, goal ecc.) fatte dal tabaccaio di fronte o a fianco. Dopo essere passati in rassegna ai “gratta e vinci”, quasi un alza bandiera con inno nazionale, inizia dopo il secondo o il terzo spritz la tribuna politica, interrotta semmai dagli sguardi sessisti al passaggio di qualche femmina. Inutile dire che il sesso si distingue unicamente dalla corporatura o fisicità, chi ha studiato e non si esprime con epiteti dialettali va disprezzato, perché com’è noto l’articolo uno della costituzione del bar è “Chi non sa insegna”, ovvero chi parla oltre le esperienze dirette (vere o false che siano) non viene preso in considerazione. Il popolo del bar è un popolo di uguali, sta qui il concetto di uguaglianza, chi non vi appartiene sono i diversi (ricchioni, froci, busoni) a seconda delle regioni e dei dialetti, se le ragazze sono bruttine o racchie certamente femministe o lesbiche perché è la legge della Natura. Lo straniero (basta anche del paese limitrofo) è il diverso, l’invasore, chi vorrebbe mutare i geni degli avventori del Bar Nazionale in nome della sostituzione etnica finanziata da qualche miliardario dei “poteri forti” padrone di Social o dell’E-Commerce.
Sindaco, assessore, consigliere comunale vengono trattati con diffidenza, come chi ha colpe da scontare (basta una multa) a meno che non siano famigliari, colleghi o amici personali… ognuno ha i suoi, ma cercando sempre di dissimularlo agli altri. Semmai la discussione si accendesse di colpo, la pax romana si ha quando il più lucido pronuncia la parola “zingaro” che mette tutti d’accordo. Allora si può dire al barista… “Nando facciamo un altro giro, ma di prosecco questa volta, mi raccomando la bottiglia, di quelle con cui ci siamo vaccinati contro il Covid”.