Sto leggendo, tardivamente, il libro “I nomi” di Don DeLillo”. Riporto innanzitutto, per contrapposizione, un periodo bellissimo e divertente, di centro libro, all’incirca, riferito alla matematica: “L’unico test è la matematica. Bisogna conoscerne i segreti. Non ha peso sull’esperienza umana, sul progresso umano, sul normale linguaggio umano. È interessante di per sé. Si riferisce a sé e soltanto a sé. È puro esercizio mentale. È rosacrucianesimo, i Druidi incappucciati. Gli equilibri firmali, ecco ciò che conta. Le trame, le strutture. Le simmetrie, le armonie, i misteri, i sussurri.”

Già nel ventesimo secolo i cosiddetti “teoremi di impossibilità” hanno dispiegato la loro portata dirompente in tema di welfare, teoria delle votazioni ed equità intergenerazionale, provando, se ce ne fosse stato bisogno, che la razionalità matematica pervade fatalmente le problematiche sociali. Certo potrebbe far sorridere un tale armamentario in presenza, ad esempio, di una irragionevole opposizione ad una ingenua e minimale tassa patrimoniale, demone assoluto dell’indistinzione e dell’emblematica mancanza di progressività liberalista. Ma quest’ultima considerazione non toglie minimamente importanza alla matematica per l’economia, strumento supremo ed irrinunciabile di razionalizzazione e di analisi anche in ambito politico.

Per teorema di impossibilità in ambito comportamentale intendiamo, in generale, la dimostrazione che certe condizioni, che ragionevolmente consideriamo “minimali”, non possono coesistere.  Ovviamente è necessaria un’impalcatura matematica, limitata per quanto possibile nella sua articolazione.

L’ambito naturale è quello della teoria del welfare, che appare come una mistura di etica, politica ed economia, e le cui radici più profonde possono essere individuate, già nel diciottesimo secolo, nel contributo fondamentale di Jeremy Bentham, il quale afferma che “la misura del giusto e dell’ingiusto è rappresentata dalla più grande ricchezza per il maggior numero di individui”.

Per esempio, se pensiamo all’equità intergenerazionale, i teoremi di impossibilità mirano a dimostrare che la “equità”, riflessa tipicamente dall’assioma di “anonimità”, in accordo al quale nessuna generazione deve essere privilegiata a priori, e quello della “efficienza”, per il quale si preferisce una distribuzione dell’utilità tra le generazioni che vede migliorata la situazione per una singola generazione soltanto, qualunque essa sia, non possono coesistere.

Ovvie obiezioni da parte dei detrattori peraltro possono intervenire a livello di sintesi. In materia di equità intergenerazionale, si dovrà formulare ed esplicitare una “utilità” per ogni generazione, sintesi delle utilità individuali, o almeno delle categorie di reddito. In materia di welfare, in generale, sarà necessario esprimere una sintesi che rappresenti il livello di welfare generale. In questa fase interverranno le problematiche di tipo sociale, psicologico, politico, economico, delle pari opportunità ed in generale di equità.

In estrema sintesi, l’analisi economica declinata con la matematica non può che essere vincente. Ricordiamo che, oggigiorno, la teoria delle decisioni, una branca della matematica che contempera, quantomeno, psicologia e problematiche di ottimizzazione, consente di modellizzare anche inclinazioni personali, quali l’avversione al rischio, gli atteggiamenti di ottimismo e pessimismo, l’invidia, e così via. Ne risulta un ventaglio di possibilità che devono essere tenute presente, a prescindere dalle difficoltà formali che possano emergere a livello di descrizione.

Ad esempio, è noto e arcinoto che l’avversione al rischio procede, per così dire, dal patrimonio individuale e lo incorpora nelle preferenze individuali, diventando, in un mondo ideale, il substrato naturale della progressività nella tassazione, anticamera di una articolata redistribuzione del reddito.

Un approccio fondato sulla teoria dei giochi può consentire anche una efficace razionalizzazione della redistribuzione delle risorse derivanti dalle imposte. L’ambiente ideale, in questo caso, è quello di un gioco cooperativo. Ad esempio, si potranno stimare le risorse fiscali di ogni regione, o coalizione di regioni, distinguendo quanto deriva dall’attività regionale e quanto invece dal commercio con altre regioni. In ogni caso, la formalizzazione matematica è in grado di garantire i seguenti imprescindibili capisaldi:

1) la “non discriminazione” (vale a dire la garanzia di un livello uniforme di servizi all’interno del paese intero);

2) la cosiddetta “equità nella distribuzione” (nel senso che l’allocazione di fondi varia “direttamente” in dipendenza del fabbisogno fiscale ed “inversamente” a seconda della capacità fiscale);

3) la “ordinalità”, nel senso che i risultati della perequazione dovrebbero essere tollerabili per donatori e riceventi nello stesso modo.

Si potrà dire che si dissente già a livello di descrizione da questi principi ispiratori: ma allora si configura un problema di etica più che di politica.


 

 

 

 

 

 

 

Fine degli anni Settanta: è il periodo della rivoluzione islamica in Iran, della crisi energetica, dei sequestri terroristici. James Axton, un americano che svolge analisi di rischio per una compagnia assicurativa, si occupa di dare notizie sulla situazione geopolitica in Medio Oriente. Dal suo ufficio di Atene va a trovare la moglie e il figlio che vivono in un’isoletta dell’Egeo. Qui Axton viene a conoscenza di un omicidio rituale, forse l’ultimo anello di una misteriosa catena di delitti. E inizia a indagare, seguendo le tracce di una setta misteriosa, che lo affascina. Dalla Grecia la vicenda si snoda attraverso un emozionante viaggio in Oriente. Un thriller che evoca il potenziale magico del linguaggio.

 


Autore: Gianni Bosi, triestino, figlio di profughi istriani, è professore ordinario di Matematica applicata alle scienze economiche presso l’Università degli studi di Trieste. Autore di quasi un centinaio di pubblicazioni scientifiche di rilievo internazionale riguardanti le applicazioni della matematica alla teoria delle decisioni ed alle scienze sociali, è titolare di incarichi presso il Ministero dell’Università e della Ricerca scientifica.  Con Salvatore Gelsi e Roberto Rossetti ha pubblicato con Asterios 〈2023〉, Febbre dal passato. Trieste 1972, romanzo poliziesco.

Leggere Gianni Bosi su acro-polis.it:

Risiera di San Sabba e foiba di Basovizza