Gli investitori che hanno puntato contro le azioni legate alle energie rinnovabili hanno realizzato profitti superiori a 1,2 miliardi di dollari (1,1 miliardi di euro). Sfruttando le pesanti vendite che hanno colpito il settore dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti.
Scommettere contro la transizione energetica
Scommettere contro la transizione energetica è una strategia sempre più adottata dagli hedge fund, i cosiddetti fondi speculativi, poiché la riduzione dei rendimenti delle società impegnate nella transizione energetica la rende redditizia.
Questi fondi prendono in prestito titoli legati alla sostenibilità ambientale per venderli subito al prezzo di mercato. Se il valore dei titoli scende come previsto, li riacquistano a un prezzo inferiore, li restituiscono al proprietario originale e trattengono la differenza come guadagno. Questa tecnica, nota come short-selling o vendita allo scoperto, è consolidata da decenni. E, secondo quanto riportato da Bloomberg, negli ultimi anni sta colpendo sempre più il settore della transizione ecologica.
Trump potrebbe bloccare lo sviluppo delle energie rinnovabili
L’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti ha provocato un calo del valore dei titoli legati alle energie rinnovabili. Ne hanno beneficiato fondi come Arrowstreet Capital e Qube Research & Technologies, che avevano puntato contro i rendimenti di aziende come la norvegese Nel, attiva nell’idrogeno, e il produttore di turbine eoliche Nordex. Le azioni di Nordex, per esempio, sono scese dell’8%. Il crollo dei titoli è stato alimentato dal timore che Trump possa bloccare l’Inflation Reduction Act (IRA) di Joe Biden, un piano di investimenti da 740 miliardi di dollari che prevede ingenti fondi per le tecnologie verdi. Revocare queste norme significherebbe anche sospendere le agevolazioni fiscali per le energie rinnovabili.
Altre aziende “shortate” dai fondi speculativi sono il produttore di idrogeno Plug Power e l’azienda di energia solare Sunrun, che hanno subito rispettivamente cali del 22% e del 30%. Secondo i calcoli della società di analisi finanziaria S3 Partners, riportati dal Financial Times, il crollo di queste due società ha generato circa 350 milioni di dollari di profitti per i venditori allo scoperto. In Europa, Ørsted, il maggiore sviluppatore mondiale di parchi eolici offshore, è sceso di quasi il 13% mercoledì. Ben prima del suo insediamento, Trump aveva promesso di interrompere lo sviluppo dell’eolico offshore negli Stati Uniti fin dal suo primo giorno da presidente.
Col blocco dell’Inflation Reduction Act, a rischio un terzo della capacità rinnovabile
I dirigenti di aziende rinnovabili, tra cui Ørsted e il produttore di turbine eoliche Vestas, hanno cercato di frenare i commenti negativi mentre gli elettori statunitensi si recavano alle urne. Dichiarando al Financial Times che le rinnovabili giocano ancora un ruolo chiave nella creazione di posti di lavoro, anche negli Stati a maggioranza repubblicana. Henrik Andersen, amministratore delegato di Vestas, ha affermato che le dichiarazioni fatte durante la campagna potrebbero non tradursi in pratica quando Trump entrerà in carica. «A volte i commenti sono dichiarazioni politiche, e poi vedremo cosa ne verrà effettivamente», ha detto Andersen, che poi ha acquistato 10mila azioni dell’azienda che dirige, secondo documenti pubblici riportati dal FT.
Alcuni analisti fanno riflettere sul fatto che, durante il primo mandato di Trump, le rinnovabili sono cresciute: questo è motivo di ottimismo. Ma è indubbio che, in caso di blocco dell’Inflation Reduction Act, la crescita delle rinnovabili rallenterebbe di molto. Michelle Davis, responsabile della ricerca sull’energia solare globale presso Wood Mackenzie, ha affermato di prevedere che alcune parti del pacchetto saranno «significativamente modificate». Secondo le sue stime, in uno scenario pessimistico di affossamento dei crediti fiscali, la capacità di energia rinnovabile prevista negli Usa per il prossimo decennio calerebbe di un terzo.
Fonte: valori.it