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Una decodifica della “proposta tecnocratica” della Commissione rivela… l’allergia di Bruxelles agli “interventi normativi” sui mercati, ma anche alla tassazione del surplus di profitto dei produttori di energia, che si propone di eliminare come “incompatibile” con la sue proposte. Nella stessa proposta vengono rifiutati l’iberico, il greco e gli altri modelli di intercettazione energetica.
Da un’attenta lettura del documento che lo staff energetico della Commissione ha inviato a tutti i soggetti coinvolti (Stati membri, autorità di gestione, ecc.) in vista della riunione d’emergenza del ministri dell’Energia venerdì prossimo, emergono tre certezze per l’insieme delle misure che proporrà:
In primo luogo, che si baseranno principalmente sulla drastica riduzione dei consumi delle famiglie e delle imprese.
In secondo luogo, che l’UE deve evitare “interventi eccessivi” nel mercato, cioè che il mercato dell’energia è sacro e non si tocca.
E, in terzo luogo, che “non esiste alcuna misura che porti i prezzi ai livelli pre-crisi”. Il che significa che 500 milioni di europei devono accontentarsi di un’energia più costosa e pagarla – o congelarsi – per averla. I tecnocrati della Commissione considerano una priorità assoluta che il casinò dell’energia, il sistema modello target, non sia minimamente influenzato dalla negoziazione quotidiana dei prezzi all’ingrosso del giorno successivo. Rifiutando esplicitamente la sospensione delle borse europee dell’energia, la Commissione propone un insieme tripartito di misure, che ritiene incompatibili con la tassazione degli utili in eccedenza dei produttori di energia!
Il documento tecnocratico della Commissione, respingendo ogni altro modello, propone: 1) una riduzione obbligatoria della domanda di gas e una riduzione coordinata della domanda di energia elettrica, con incentivi alla riduzione dei consumi delle famiglie e delle imprese, soprattutto energivore, 2) l’imposizione di un tetto prezzi all’ingrosso solo per tecnologie a minor costo rispetto agli impianti a gas (FER, lignite, idroelettrico, nucleare) e 3) sovvenzionando i prezzi al dettaglio dell’energia elettrica con gli introiti derivanti dall’imposizione dei suddetti massimali per “certe fasce di consumatori”. In pratica, la proposta “tecnocratica” fino a ieri, per bocca di Ursula von der Leyen, è diventata la proposta politica ufficiale della Commissione.
Tuttavia, i tecnocrati della Commissione aggiungono dettagli cruciali che il suo presidente evita di menzionare per ovvi motivi. Come ad esempio “la fissazione di limiti massimi ai prezzi all’ingrosso non sarebbe compatibile con la tassazione parallela degli utili eccedenti, che dovrebbe essere abolita”. Perché, quando i profitti alle stelle sono vertiginosi e stimolanti? Perché c’è il rischio che “in futuro sarà richiesto il sostegno pubblico alle aziende”, affermano i tecnocrati. Rifiutano inoltre qualsiasi “intervento normativo nella vendita al dettaglio di elettricità”, perché “va oltre l’attuale direttiva sull’energia elettrica” e comportano “il rischio di distorcere i mercati liberalizzati”. Ecco perché danno la priorità ai sussidi di sostegno al reddito.
Con gli stessi criteri di difesa dei “mercati liberati”, i tecnocrati respingono le proposte avanzate dagli Stati membri e dalle agenzie. Nello specifico:
- ♦ La sospensione totale del mercato all’ingrosso, ovvero delle borse dell’energia, è “fortemente sconsigliata, perché pone gravissimi rischi per la sicurezza dell’approvvigionamento e blocca completamente il mercato interno dell’energia”.
- ♦ I limiti alla vendita all’ingrosso di tutte le tecnologie per la produzione di energia – ovvero anche agli impianti a gas – “comportano un rischio elevato che i generatori ritirino capacità dal mercato e provochino blackout”.
- ♦ Il modello iberico, che sovvenziona la produzione di elettricità da combustibili fossili, “porta a prezzi più bassi, può aumentare la produzione di elettricità nell’UE per 25 TWh costerebbe circa 200 miliardi, ma è sconsigliato, perché comporta un aumento del consumo di gas”.
- ♦ Il modello greco – compensando i produttori di energia sulla base di un tetto per tecnologia di produzione – non riduce i prezzi all’ingrosso e “non è raccomandato, perché elimina completamente la concorrenza tra diverse tecnologie e premia le strutture produttive inefficienti”.
- ♦ La sovvenzione basata sui costi ETS (Emissions Trading System). Questa soluzione non è consigliata, perché anche se riduce i prezzi dell’elettricità all’ingrosso “aumenterà la domanda, costerà circa 69 miliardi e aumenterà l’uso di combustibili fossili”.
- ♦ Prezzi per specifiche categorie di consumatori. Viene respinto anche perché “aumenterà la domanda, porterà gli operatori di sistema a fare scelte difficili e avrà un impatto sulla concorrenza”.
Fonte: documenti della Commissione.
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