Lo ammetto: ero rimasto basito – e anche un po’ ferito – da alcuni commenti ricevuti sul mio ultimo articolo pubblicato (Non lasciamoli soli), relativo alle azioni contro il silenzio omertoso (o le false parole) che – colpevolmente e collettivamente – attornia la catastrofe climatica. Questo intervento di XR – Una corsa contro il tempo – mi rincuora e mi stimola a scrivere ancora su questo tema, che sento decisivo per le nostre vite e per le sorti di quel che ancora potremmo provare a chiamare “politica”.
Vedo che – almeno da parte loro – non sono stato frainteso. Lungi da me l’idea che le azioni dirette di disobbedienza civile non servano e non siano legittime ed auspicabili. Credo anzi che da tempo non ci sia più nulla da aspettarci dai potenti di turno, dai partiti e dalle istituzioni. E che non abbia senso quindi continuare a chiedere loro qualcosa – attraverso petizioni o appelli – o a protestare in forme convenzionali e ritualizzate, quali cortei o manifestazioni di massa su appelli generici e superati dagli eventi.
L’azione diretta nonviolenta (anche illegale) è l’unica possibilità che la nonviolenza propone quando la situazione risulta bloccata e compromessa come quella attuale. Spero che ne nascano molte, diverse e tali da permettermi di prendervi parte in prima persona.
Appartengo a quella minoranza di persone adulte che pensa ancora di poterselo permettere, anche a costo di apparire ingenui, adolescenziali o semplicemente “fuori”. Ho qualcosa da perdere anch’io, e non è facile confrontarsi con il mondo adulto, anche da sessantenne quale ormai sono. Ma non avrei paura e non mi sentirei a disagio in azioni rischiose e illegali, se potessi condividerle con altri (giovani o meno).
Il mio dubbio – lo voglio chiarire per una volta ancora – riguarda dove e come inserire queste azioni, se vogliamo creare intorno ad esse un clima favorevole e un sostegno più ampio (e quindi favorire la possibilità di un consenso che le protegga almeno in parte dai forti rischi che esse comportano per chi le compie).
Fatta salva quindi la possibilità, la necessità e l’urgenza che qualcuno le faccia, resta da chiedersi cosa potrebbero fare le maggioranze silenziose che sinora assistono ad esse – più o meno distratte, inquiete o ambivalenti – senza che queste azioni le stimolino ad agire a loro volta.
Non credo sia probabile che queste ultime possano passare immediatamente dall’inazione simpatizzante alla disobbedienza civile illegale. Ma potrebbero compiere azioni potenti di non collaborazione attiva all’interno di una campagna più ampia, che preveda al suo interno un’integrazione tra atti legali e illegali. Oppure potrebbero almeno trovare il modo di manifestare in forme più evidenti il loro sostegno (legale, politico, economico, sociale) alle azioni illegali in corso ed a chi coraggiosamente sceglie di compierle a suo rischio e pericolo.
Quel che conta è che si rigeneri un ponte tra le generazioni, animato da un comune senso di urgenza e disperazione, ma anche da un vero dialogo che – non rimuovendo il valore delle esperienze pregresse – sappia però aprirsi alle novità che la nonviolenza ha sempre dimostrato di saper far emergere nella sua storia.
Fonte:comune.info, 04-12-2022